Contrattazione

A Bologna primo accordo con i rider

di Cristina Casadei

Se la strada è il luogo in cui fisicamente avviene il lavoro dei rider, allora scende in campo il Comune. Il primo a fare questo ragionamento è stato quello di Bologna. Dopo la nevicata del periodo natalizio in cui i rider del capoluogo felsineo hanno incrociato le braccia, spiegando ai loro datori di lavoro che non avrebbero svolto le consegne perché troppo pericoloso, si è aperto un dialogo tra la città e questi lavoratori. Così vogliono essere chiamati, come ci spiega Tommaso Falchi di Riders Union Bologna (lo chiameremo Tommaso) perché «prima siamo lavoratori, poi ciclisti. Non facciamo le consegne per hobby, ma per lavoro. E siamo sempre di più. Sei mesi fa a Bologna eravamo 150, adesso siamo 300, a Milano 600, a Torino ancora 300. In tutta Italia siamo oltre 3mila». Fatta questa premessa cosa si sono detti i riders e il Comune di Bologna? Apriamo un tavolo, con le piattaforme e anche con i sindacati confederali a cui però i rider sfuggono e da cui non si sentono rappresentati. «Siamo un collettivo di lavoratori, i nostri incontri vengono ospitati in luoghi solidali, come il centro sociale Labas. Qui possiamo ritrovarci per parlare, ma anche per fare workshop sull’autoriparazione dei mezzi», spiega Tommaso che è alle prese anche con l’organizzazione del Rider pride per il 1° maggio.

La nascita del collettivo è avvenuta in strada. «Abbiamo cominciato a salutarci e parlarci nei tempi morti davanti ai locali o mentre aspettavamo gli ordini. A poco a poco ci siamo scambiati i numeri di telefono, abbiamo creato delle chat ed è partita la rete», racconta Tommaso. Poi c’è stata la grande nevicata di quest’inverno, l’incontro con il sindaco Virginio Merola e l’idea della carta di Bologna che, come ci spiega Tommaso, «è una carta dei diritti del lavoro digitale nel contesto urbano con cui vogliamo avviare una nuova forma di contrattazione: la contrattazione metropolitana». Questa carta che ancora non è stata firmata, «ha già suscitato molto interesse nelle altre amministrazioni comunali e regionali interessate dal fenomeno rider. Del resto assistiamo a una forte crescita dei lavori non standardizzati», ci dice Marco Lombardo, l’assessore del Comune di Bologna che sta seguendo i lavori.

Tra i punti qualificanti della carta ci sono innanzitutto «la questione della sicurezza - dice Tommaso -. È fondamentale che le aziende forniscano attrezzature adeguate e copertura assicurativa totale». Oggi, come sanno bene i rider, non sempre è così. Una questione, quella della sicurezza, che sta molto a cuore anche al Comune perché, dice Lombardo, «sulla strada ci sono i nostri cittadini e sulla strada deve regnare la legalità». C’è poi «la questione della paga. Diciamo no al cottimo, non vogliamo essere pagati a consegna, ma vogliamo una paga minima oraria dignitosa». Oggi un rider guadagna mediamente tra 1,20 e 1,50 euro a consegna, ma l’intero arco temporale di una consegna può essere anche mezz’ora. Andiamo avanti sui punti della Carta di Bologna: monte ore garantito, indennità maltempo e festivi, budget per la manutenzione dei mezzi e dello smarphone che sono del rider. Beninteso «non vogliamo entrare nel merito del contratto subordinato o autonomo - afferma Lombardo -. Non è questo il punto. Vogliamo semmai che ci siano standard minimi al di sotto dei quali non si possa andare». E le piattaforme digitali? «Partecipano e sono molto fiducioso che la carta possa essere firmata a breve», continua Lombardo. Una volta raggiunta l’intesa c’è già il piano per promuoverla presso i cittadini, i consumatori e gli esercizi commerciali. E chissà magari arriverà anche il bollino blu dei rider.

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