Contrattazione

La somministrazione ritrova le causali

di Giampiero Falasca

La somministrazione di manodopera viene scalfita dalla tempesta scatenata dal Decreto lavoro, ma continua a mantenere un ruolo centrale come contratto che, più degli altri, coniuga flessibilità per il datore di lavoro e tutele per il lavoratore.

Questo ruolo era stato messo pesantemente in discussione dalle prime bozze del Decreto, le quali contenevano norme caratterizzate da una profonda – e assolutamente ingiustificata – ostilità verso questa forma contrattuale; si pensi, per fare un esempio, all’ipotesi di cancellare lo staff leasing oppure a quella di vietare l’utilizzo di lavoratori a termine, sopra una certa soglia, per eseguire i contratti di somministrazione.

Il Dl n. 87/2018 ha perso per strada molte di queste previsioni e, in seguito, qualche ulteriore correttivo è stato apportato dalla legge di conversione n. 96/2018, con il risultato che le nuove regole hanno un impatto meno pesante rispetto al contratto a termine, pur condividendo con questo alcune delle nuove restrizioni. Vediamo in dettaglio quali sono le principali novità.

La prima riguarda la durata massima del rapporto tra l’agenzia per il lavoro e il lavoratore destinato ad essere somministrato presso un’azienda; questo lavoratore non può essere impiegato per un periodo superiore ai 12 mesi (calcolo che, come spieghiamo meglio nell’articolo a margine, dovrebbe essere effettuato con riferimento al singolo utilizzatore).

Una volta superata questa durata massima, il rapporto di lavoro può essere prorogato soltanto in presenza di una delle tre causali previste dalla riforma (esigenze temporanee estranee all’attività ordinaria, ragioni sostitutive e incrementi significativi e non programmabili dell’attività).

L’obbligo della causale sussiste anche per i rinnovi, a prescindere dalla durata del rapporto precedente (e, quindi, anche se non sono stati superati i 12 mesi).

Le causali devono essere riferite all’impresa utilizzatrice, come chiarito da una norma interpretativa inserita nella legge di conversione. Questo significa che il contratto di lavoro stipulato tra l’agenzia e il dipendente dovrà indicare le esigenze del soggetto terzo che richiede la prestazione lavorativa. Per evitare equivoci e potenziali contenziosi tra agenzia e utilizzatore, sarebbe opportuno che la stesura della causale fosse oggetto di apposita pattuizione scritta nel contratto commerciale di somministrazione.

Il Dlgs 81/2015, anche dopo le modifiche apportate dal Decreto lavoro, continua ad assegnare al contratto collettivo di settore il compito di definire la durata massima del rapporto a scopo di somministrazione e quello di individuare il numero massimo di proroghe (quindi, modificando il tetto legale di 4 proroghe).

Questi temi sono già oggetto di una specifica disciplina nel contratto collettivo nazionale di settore, sulla base della quale ciascun contratto a termine non può superare il tetto di durata massima di 36 mesi e sono ammesse fino a 6 proroghe per ogni rapporto.

La compatibilità di queste previsioni con il nuovo quadro normativo è molto problematica: il limite di 36 mesi, nella misura in cui riguarda solo un singolo contratto e non la totalità dei rapporti che possono nascere tra le parti, sembra incompatibile con l’esigenza fissata dal Decreto lavoro di definire una durata massima del rapporto.

Meno problematica appare la tenuta delle 6 proroghe, la cui disciplina appare compatibile anche con le nuove regole. Tuttavia, al fine di evitare incertezze applicative, le parti sociali di settore dovrebbero attualizzare le regole vigenti, definendo la durata massima e le proroghe anche nel nuovo contesto normativo.

Come detto, per la somministrazione la legge di conversione ha stabilito l’inapplicabilità di alcune regole – vigenti, invece, per i lavoratori a tempo determinato ordinari – per tenere conto della specificità del rapporto.

In particolare, non si applica il diritto di precedenza, così come non è obbligatorio attendere il cosiddetto stop and go, il periodo di 10 o 20 giorni di interruzione dalla fine di un contratto e il suo eventuale rinnovo.

Anche per i limiti quantitativi, si applica una disciplina speciale, di maggior favore: salvo che il Ccnl preveda diversamente, l’impresa non può impiegare un numero complessivo di lavoratori a termine e somministrati superiore al 30% dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di stipulazione Questa regola convive con la soglia del 20% massimo dei contratti a termine utilizzabili in azienda, con la conseguenza che l’utilizzo dei lavoratori somministrati è più agevole, potendo arrivare fino a un limite più ampio del lavoro a termine diretto.

La legge n. 96/2018

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