«La stretta di Londra sui lavoratori dalla Ue sarebbe catastrofica»
La stretta sull’immigrazione dall’Unione Europea proposta dal Governo britannico sarà «catastrofica» per l’economia, hanno avvertito ieri le associazioni imprenditoriali e di settore. La premier Theresa May ha però difeso la strategia di limitare gli arrivi, dichiarando in Parlamento che «bisogna ridurre l’immigrazione, è quello che gli elettori hanno chiesto votando a favore di uscire dalla Ue».
La polemica non accenna a placarsi dopo la pubblicazione di un documento con le proposte del ministero dell’Interno sul regime post-Brexit, che ha rivelato come Londra intenda bloccare la libera circolazione delle persone subito dopo l’uscita dalla Ue e limitare a due anni la permanenza nel Paese di cittadini europei.
Le proposte non sono state ufficialmente approvate e quindi potrebbero essere modificate, ma danno una chiara idea delle intenzioni del Governo. La priorità è «portare benefici alla Gran Bretagna e ai suoi cittadini».
I cittadini Ue che arriveranno in Gran Bretagna dopo Brexit dovranno presentare un passaporto alla frontiera: le carte d’identità nazionali non saranno più accettate. Chi vuole risiedere nel Paese per più di qualche mese dovrà ottenere un permesso temporaneo con dati biometrici.
I lavoratori non qualificati potranno risiedere nel Paese per un massimo di due anni. I lavoratori qualificati, se considerati necessari, potranno avere un permesso di lavoro tra i tre e i cinque anni. Alle imprese è richiesto di assumere lavoratori britannici, «dando preferenza nel mercato del lavoro ai residenti legittimi. È più importante che mai sviluppare i talenti nazionali per costruire un’economia forte e competitiva».
La reazione delle imprese non si è fatta attendere. Diverse associazioni hanno protestato in particolare per la chiusura ai lavoratori non qualificati, che potrebbe secondo loro paralizzare interi settori. Secondo dati ufficiali i lavoratori Ue rappresentano oltre il 20% della forza lavoro in 18 settori. Nella ristorazione e ospitalità sono cittadini Ue il 75% dei camerieri e il 25% degli chef.
«Le proposte dimostrano una profonda incomprensione del contributo vitale che i lavoratori Ue danno al nostro settore a tutti i livelli», ha detto Ian Wright, direttore generale della Food and Drink Federation. L’associazione degli agricoltori ha detto che non possono operare senza i lavoratori stagionali dalla Ue.
La Cbi, la Confindustria britannica, che rappresenta 190mila imprese, ha dichiarato che «l’immigrazione va gestita ma un approccio aperto è essenziale per il business e per far funzionare l’economia, evitando carenze di personale qualificato e non». L’Institute of Directors ha detto di sperare che la posizione finale del Governo sia «molto diversa»da quella delineata nel documento.
La tensione tra Governo e imprese è stata poi esacerbata ieri dalla richiesta di sostegno esplicito a Brexit fatta ai Ceo delle prime cento società quotate alla Borsa di Londra. Downing Street ha chiesto loro di firmare una lettera aperta, da pubblicare entro la settimana, nella quale i capi del Ftse-100 esprimono fiducia che la strategia del Governo su Brexit sarà un successo e dichiarano che «la Gran Bretagna globale ha il potenziale di diventare una delle economie più produttive nel 21esimo secolo».
Un anonimo Ceo, tra i molti che hanno respinto la richiesta, ha dichiarato che «dato lo stato di caos dei negoziati su Brexit, sono incredulo che ci chiedano di firmare una lettera del genere».