Previdenza

Ape social, dal 2018 platea allargata

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di Davide Colombo e Marco Rogari

Dal 2018 la platea dell’Ape sociale sarà più ampia. Con i risparmi sul primo anno di utilizzo, da quantificare entro la fine dell’anno per confluire in un fondo ad hoc, il prestito ponte ora previsto in via sperimentale per i lavoratori in condizioni disagiate e per 11 categorie di lavori gravosi sarà esteso facendo leva direttamente sul “bacino”, a partire dall’inclusione delle quattro categorie di mansioni faticose esentate dall’aumento automatico dell’età pensionabile a 67 anni, o agendo sui requisiti. A prevederlo è il piano che oggi il Governo presenterà in via definitiva ai sindacati, che restano divisi.

Il pacchetto ricalca quello già illustrato dal premier Paolo Gentiloni sabato scorso a Cgil, Cisl e Uil con l’esenzione di 15 categorie di lavori faticosi dall’aumento automatico della soglia per le pensioni di vecchiaia e anche per quelle anticipate e la revisione del meccanismo di calcolo dell’aspettativa di vita. Il piano fino a ieri sera è stato oggetto di limature anche con la speranza di trovare in extremis un’intesa di massima pure con la Cgil. Che però resta tutta in salita. Tra gli ultimi nodi sotto i riflettori dei tecnici del Governo l’inserimento automatico di agricoli, siderurgici (con eventuale allargamento delle maglie per questa categoria), marittimi e pescatori nel raggio d’azione dell’Ape sociale e il suo prolungamento immediato al 2019 (che però potrebbe essere deciso nei prossimi giorni dal Senato emendando la manovra).

«Mi auguro che le organizzazioni sindacali condividano lo sforzo che stiamo facendo», ha ribadito ieri Gentiloni tornando ad auspicare un accordo con tutte e tre le sigle. Ma Susanna Camuso ha ripetuto che «in assenza di risposte» dall’esecutivo la Cgil darà il via alla mobilitazione con modalità che «saranno decise nelle prossime ore». Anche perché «i giovani e le donne sono scomparse dal confronto».

Non è escluso che su questi punti il Governo possa inserire nel pacchetto finale alcuni impegni specifici senza però ricorrere subito a interventi operativi. Già così com’è il pacchetto dell’esecutivo, che dovrà tradursi in un emendamento al Ddl di Bilancio all’esame del Senato, è gradito alla Cisl. «Possiamo portare a casa un risultato importante: smontare l’assunto della riforma pensionistica del governo Monti e dire che non tutti i lavori sono uguali», ha sottolineato Annamaria Furlan. Anche la Uil è orientata a esprimere un giudizio non negativo. «Andremo all’incontro con lo stesso spirito con cui abbiamo chiesto questo nuovo appuntamento: ottenere qualche risultato ulteriore rispetto a quanto già conseguito», ha detto Carmelo Barbagallo. Alla fine, il confronto si dovrebbe chiudere senza un’intesa formale ma con un assenso di massima di Cisl e Uil e il “no” della Cgil.

Uno schema con cui Palazzo Chigi punta a blindare nelle linee guida l’emendamento al Senato per cercare di metterlo al riparo dal pressing di Mdp per il rinvio (chiesto anche dalla Cgil) del decreto ministeriale direttoriale necessario per rendere operativo l’aumento dell’età a 67 anni nel 2019. La partita già ora è più politica che tecnica ed è condizionata dalle intese pre-elettorali che stanno maturando. Ieri Giuliano Pisapia ha auspicato un’intesa che unisca i sindacati. La Lega spinge per lo stop all’aumento dell’età.

Il passaggio al Senato resta delicato. Proprio pensioni, famiglia e probabilmente province saranno i capitoli su cui si concentrerà il restyling della manovra da parte di Palazzo Madama. Ma c’è anche un ampio fronte in Parlamento che preme per travasare nella manovra le norme che cambiano il codice della strada prevedendo un giro di vite sull’uso dei cellulari in auto. Oggi cominceranno le votazioni in commissione Bilancio. La relatrice Magda Zanoni (Pd) ha detto che per i ritocchi sono disponibili (al netto delle coperture per le pensioni) «300 milioni tra Camera e Senato». Ma la dote dovrebbe salire con il ricorso alla web tax. «Il lavoro che sta facendo il Senato sulla web tax è positivo», ha detto il presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia. Che, a margine della presentazione del libro “The challenge of the digital economy” scritto assieme a Robert Leonardi, ha aggiunto: «occorre però attenzione, perché non vorrei che a pagarla fossero le imprese italiane».

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