Rapporti di lavoro

Circolare 24 Lavoro - La nuova disciplina dell'equo compenso delle prestazioni professionali tra luci ed ombre

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di Antonio Carlo Scacco

Il 12 aprile 2023 è stata definitivamente approvata dalla Camera dei Deputati la legge che introduce disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali. Il provvedimento interviene specificamente sulla disciplina in materia di equo compenso delle prestazioni rese dai professionisti nei confronti di particolari categorie di imprese e della pubblica amministrazione, con la finalità di rafforzare la tutela dello stesso professionista. Nel nostro ordinamento, i compensi professionali sono stati per molto tempo disciplinati in base a un sistema tariffario obbligatorio. La legge cd. Bersani (legge n. 248/2006) intervenne a riformare tale sistema, in omaggio al principio comunitario di libera concorrenza e a quello di libertà di circolazione delle persone e dei servizi nonché al fine di assicurare agli utenti un'effettiva facoltà di scelta nell'esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato. Il sistema tariffario è stato successivamente superato in modo definitivo con l'art. 9, D.L. 1/2012 (decreto Monti).
La nuova disciplina da molti è stata salutata come una incoraggiante estensione dei principi costituzionali di eguaglianza, tutela del lavoro in tutte le sue forme e retribuzione sufficiente anche ai professionisti, da altri una surrettizia reintroduzione nel nostro ordinamento di un vero e proprio sistema tariffario, che non sembra essere proporzionato in relazione agli obiettivi che si vogliono raggiungere e coerente con le normative in materia di concorrenza. Come si ricorderà, una normativa specifica sull'equo compenso delle prestazioni professionali era stata introdotta in precedenza (art. 19-quaterdecies, D.L. 148 del 2017, cd. decreto fiscale, che ha introdotto l'art. 13-bis nella legge "forense" 247/2012) sempre allo scopo di evitare situazioni di squilibrio nei rapporti tra professionisti e clienti dotati di rilevante forza contrattuale (grandi imprese, banche, assicurazioni ec.). La norma, in un primo tempo limitata alle prestazioni professionali degli avvocati, è stata successivamente estesa (in sede di conversione in legge del decreto) anche alle altre professioni regolamentate e nell'ambito del lavoro autonomo. La relativa disciplina è apparsa da subito "complessa, anche in ragione della sua conformazione mediante rinvio alla legge forense, limitata sotto il profilo del campo di applicazione, irragionevolmente discriminatoria nella differenziazione che introduce tra professioni ordinistiche e non ordinistiche, ed inefficace, in ragione della carenza di strumenti di controllo e sanzione." (Cnel, "Linee programmatiche per una proposta di legge in tema di equo compenso delle prestazioni professionali"). La nuova legge ha abrogato il menzionato articolo 13-bis, formulando una nuova e articolata disciplina dell'equo compenso per le prestazioni professionali.

L'ambito di applicazione della legge
La nuova disciplina si applica ai rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d'opera intellettuale (articolo 2230 del codice civile) regolati da convenzioni, ovvero da ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo, purché vincolante per il professionista, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, delle imprese bancarie e delle imprese assicurative (senza limitazioni di dimensione e fatturato) e, infine, delle imprese che nell'anno precedente al conferimento dell'incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro. Rientrano pertanto nell'ambito applicativo della disciplina anche le medie imprese (a differenza di quanto previsto dall'abrogato articolo 13-bis della legge forense).

La nozione di equo compenso nella legge
Per equo compenso, ai fini della legge, si intende la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti dai rispettivi decreti ministeriali. E' appena il caso di notare come la normativa in tema di equo compenso inverta, sostanzialmente, i criteri preferenziali stabiliti dall'articolo 2233 del codice civile, il quale assegna all'accordo consensuale delle parti un posto d'onore nel relativo ordine di importanza (ovviamente tale inversione si verifica soltanto nell'ambito del perimetro applicativo delineato dalla nuova disciplina, restando tuttora valida la normativa civilistica al di fuori di tale ambito). In sostanza la determinazione dell'equo compenso viene rimessa, circa le professioni ordinistiche, ai parametri adottati per la liquidazione giudiziale dei compensi in base a decreti ministeriali aggiornati periodicamente, mentre per le altre professioni non ordinistiche, per le quali non esistono parametri per la liquidazione giudiziale dei compensi, si fa riferimento alla adozione di un apposito decreto ministeriale da parte del Ministero del Made in Italy (ex Mise), adottato previa consultazione con le associazioni costituite in base alla legge 4/2013 ed iscritte nell'elenco ivi previsto. La nuovaa disciplina supera le criticità contenute nell'abrogato articolo 13-bis della legge foresne, che aveva suscitato più di una critica stante la riscontrata tendenza dei contraenti forti a utilizzare il richiamo testuale alle "convenzioni" per restringere il campo di applicazione della norma tramite il ricorso a moduli procedimentali diversi da convenzioni propriamente intese (ad esempio incarichi ad personam, scambi di mail ec.). In base al nuovo testo le nuove disposizioni "si applicano a ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo, purché vincolante per il professionista, le cui clausole sono comunque utilizzate dalle imprese di cui al comma 1." C'è però da notare criticamente che tale previsione vale solo successivamente alla entrata in vigore della legge e le nuove regole non si applicano, per espressa previsione (articolo 11) alle convenzioni in corso, sottoscritte prima della data di entrata in vigore della legge medesima. Non è chiaro, in proposito, se la nuova disciplina si applichi invece agli accordi in corso. La estensione della disciplina riferita ad "ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo, purché vincolante per il professionista" si applica inoltre alle sole imprese "di cui al comma 1" (articolo 2 co. 2) e non, a rigore di stretta interpretazione della norma , alla pubblica amministrazione. Sarà quindi compito della giustizia amministrativa (o, auspicabilmente, del legislatore) chiarire se nel perimetro applicativo delle nuove norme rientreranno (come sembrerebbe logico e conforme allo spirito della legge) anche accordi preparatori o definitivi intervenuti tra professionisti ed enti pubblici non riconducibili o inquadrabili nelle convenzioni propriamente dette.

Le tutele a favore del professionista
Numerosi sono i rimedi attivabili dal professionista a fronte di violazioni, da parte dei contraenti cd. forti, delle regole sull'equo compenso. Alcuni di questi rimedi sono attivabili soltanto dai consigli e dai collegi degli ordini, circostanza che non sembra essere del tutto rispettosa dei principi di eguaglianza con le altre professioni non ordinistiche. In generale si sancisce (articolo 3) la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all'opera prestata, tenendo conto a tale fine anche dei costi sostenuti dal prestatore d'opera, ribadendo che il compenso non è equo se inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi indicati dai relativi decreti ministeriali per i professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, gli esercenti la professione forense, o gli altri professionisti non ordinistici. Si noti che tale nullità non comporta la nullità del contratto (vitiatur sed non vitiat), che rimane valido ed efficace per il resto, opera solo a vantaggio del professionista ed è rilevabile d'ufficio. Sono inoltre investite da nullità una serie di pattuizioni chiaramente indici di una debolezza contrattuale del professionista (le cd. clausole vessatorie). Nella eventualità che la convenzione, il contratto, l'esito della gara, l'affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o comunque qualsiasi accordo prevedano un compenso inferiore ai valori determinati in base alla disciplina dell'equo compenso, il professionista può procedere presso il tribunale competente per il luogo ove egli ha la residenza o il domicilio, al fine di far valere la nullità della pattuizione e di chiedere la rideterminazione giudiziale del compenso per l'attività professionale prestata. Il tribunale a sua volta deve procedere alla rideterminazione secondo i parametri previsti dai decreti ministeriali, tenendo conto dell'opera effettivamente prestata ed eventualmente chiedendo, se necessario, al professionista di acquisire dall'ordine o dal collegio a cui è iscritto il parere sulla congruità del compenso o degli onorari. Ove sia accertato il carattere non equo del compenso pattuito, il giudice condanna il cliente al pagamento della differenza tra l'equo compenso così determinato e quanto già versato al professionista. Il giudice può altresì condannare il cliente al pagamento di un indennizzo in favore del professionista fino al doppio della differenza, fatto salvo il risarcimento dell'eventuale maggiore danno.

Il ruolo dei collegi e degli ordini professionali
Infine un corposo capitolo della legge è riservato al ruolo dei collegi e degli ordini professionali. Potranno infatti adottare disposizioni deontologiche volte a sanzionare la violazione, da parte del professionista, dell'obbligo di convenire o di preventivare un compenso che sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta e determinato in applicazione dei parametri previsti dai pertinenti decreti ministeriali, nonché sanzionare la violazione dell'obbligo di avvertire il cliente, nei soli rapporti in cui la convenzione, il contratto o comunque qualsiasi accordo con il cliente siano predisposti esclusivamente dal professionista, che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti dalle disposizioni della legge. Altro importante ruolo affidato ai Consigli nazionali degli ordini o collegi professionali, in aggiunta a quello di effettuare proposte ogni due anni in ordine all'aggiornamento dei parametri di riferimento delle prestazioni professionali e la possibilità di adire l'autorità giudiziaria competente qualora ravvisino violazioni delle disposizioni vigenti in materia di equo compenso, è quello di poter concordare, con i soggetti interessati, modelli standard di convenzione (articolo 6). I compensi previsti in tali modelli si presumono equi fino a prova contraria.

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