Il CommentoRapporti di lavoro

L'esonero dal versamento dei contributi a carico delle lavoratrici madri dipendenti dopo la circolare Inps

I dubbi non chiariti dalla circolare Inps 102/2022 in merito all'applicazione dell'esonero del versamento dei contributi a carico delle lavoratrici madri dipendenti introdotto dalla legge di bilancio per il 2022

di Dario Ceccato

In anteprima da Guida al Lavoro n. 43 del 28 ottobre 2022

Tra le diverse disposizioni della Legge di Bilancio del 2022 (Legge 234/2021) non era passato inosservato l'art. 1 comma 137 il quale, con l'intento meritevole di consegnare una agevolazione a quelle madri che volessero rientrare, dopo quel miracolo inspiegabile che si chiama nascita, nel posto di lavoro, disponeva letteralmente: "In via sperimentale, per l'anno 2022, è riconosciuto nella misura del 50 per cento l'esonero per un anno dal versamento dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri dipendenti del settore privato, a decorrere dalla data del rientro nel posto di lavoro dopo la fruizione del congedo obbligatorio di maternità e per un periodo massimo di un anno a decorrere dalla data del predetto rientro. Resta ferma l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche".
Come sempre, per quanto la norma sia fonte del diritto, si attendevano le istruzioni operative per applicare il disposto in parola, con annessi fondamentali chiarimenti. La pubblicazione della circolare Inps 102 del 19 settembre 2022 ha ricordato alle aziende e professionisti quanto disposto dalla legge di bilancio.
Al di là delle istruzioni meramente operative e dei codici di autorizzazione da richiedere (codice OU da esporre nei flussi Uniemens), l'ente amministrativo ha provato a colmare alcuni dubbi applicativi dell'agevolazione senza, a detta dello scrivente, riuscire nell'intento.
Vediamo dunque assieme le difficoltà operative rimaste, per ora, senza chiarimenti.

Il comma 137 e le tematiche applicative
La norma di legge pone, in favore delle madri del c.d. "impiego privato" una riduzione della propria aliquota contributiva (cumulabile, come precisato dalla circolare INPS 102/2022, con gli esoneri contributivi previsti a legislazione vigente come ad esempio la famigerata riduzione di due punti percentuali disposta dal decreto legge 9 agosto 2022 n. 115 ora convertito in legge 142/2022) al verificarsi di alcune condizioni:
–l'esonero in parola è subordinato al rientro "nel posto di lavoro dopo la fruizione del congedo obbligatorio di maternità";
– dura al massimo un anno dal rientro di cui al capoverso che precede;
– ed è valido, in via sperimentale, per l'anno 2022.
Ciò che emerge dalla lettura della circolare 102/2022 è che l'ente riconosce, ovviamente, come requisito necessario per il riconoscimento dell'esonero il fatto che "la lavoratrice abbia fruito del congedo obbligatorio di maternità". Una volta affermata tale circostanza l'INPS si espone concedendo una apertura ragionevole, giacché ammette la concessione del beneficio anche nel caso in cui "la lavoratrice fruisca dell'astensione facoltativa al termine del periodo di congedo obbligatorio, la misura può comunque trovare applicazione dalla data di rientro effettivo al lavoro della lavoratrice".
Chiarito questo aspetto, devono però rilevarsi dubbi applicativi di non facile risoluzione.

I dubbi applicativi
Si pensi ad esempio ad una lavoratrice che abbia ultimato il congedo obbligatorio nel 2021 e che, contiguamente e senza interruzioni, richieda ed ottenga la fruizione di un congedo parentale che terminerà nel corso del 2022. A stretto rigore normativo, la lavoratrice in questione, per quanto sia rientrata nel corso del 2022, non dovrebbe vedersi applicare l'esonero in parola, giacché l'evento "congedo obbligatorio" non si sarebbe comunque verificato nel campo di applicazione temporale dell'articolo 1 comma 137.
Invero, pervengono da sedi periferiche dell'ente interpretazioni in senso contrario, ovvero che acconsentono al godimento dei benefici dell'esonero anche la "fortunata" madre in esemplificazione.
Non solo. Cosa dire delle ferie eventualmente godute dalla madre, contigue alla maternità obbligatoria o facoltativa? Debbono considerarsi effettiva ripresa dell'attività lavorativa?
La risposta tende a ritenersi negativa, dato che lo spirito del disposto normativo appare essere quello di agevolare il rientro effettivo in azienda e non meramente "giuridico".
Se la fattispecie genetica di applicazione normativa (il rientro) è dunque ancora complessa da decifrare, peggiore sorte compete al "come" applicare la norma, sia in tema di quale retribuzione, sia in tema di orizzonte temporale di riferimento. Basti pensare ad alcune circostanze.
La circolare 102/2022 ed il disposto normativo evidenziano la decorrenza della riduzione dalla data del rientro in azienda. Ciò non di meno, questa circostanza non coincide quasi mai con l'inizio o primo giorno di un mese e, quindi, è verosimile sostenere che dovrà essere "spezzato" lo sgravio contributivo su imponibili che considerino la giornata di effettivo reingresso nel mondo del lavoro della madre, per poi concludere l'applicazione del beneficio a cavallo del dodicesimo mese successivo al rientro.
Sul tema di quale retribuzione sia assoggettabile a riduzione contributiva, l'INPS non ha offerto chiarimenti di alcuna natura.
Invero, non appare di facile risoluzione la gestione del c.d. calendario differito o "sfasato" laddove, si pensi a questa esemplificazione, l'azienda si troverà in seria difficoltà a gestire la busta paga del tredicesimo mese dal rientro della lavoratrice madre, atteso che in quel cedolino troverà presenti sia la mensilità di competenza (non più oggetto di riduzione) che le variabili del mese precedente (le quali dovranno beneficiare del 50%).
E cosa dire della presenza di arretrati retribuiti o del pagamento di un premio di produttività, magari ossequioso delle previsioni dell'articolo 1 comma 182 della legge 208/2015? Se tali emolumenti dovessero essere corrisposti in un periodo all'interno dell'annualità prevista dall'articolo 1 comma 137, sono o non sono da assoggettare a riduzione?
Per non parlare del tema dell'indennità sostitutiva del preavviso.
Ricordiamo che il campo di applicazione della norma in trattazione concerne le madri che rientrano dal congedo obbligatorio le quali, oltre alle previsioni qui discusse, possono beneficiare anche di un ulteriore statuizione in loro favore: in effetti l'articolo 55 del Dlgs 151/2001 (modificato dal Dlgs 105/2022) dispone che: "In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a norma dell'articolo 54, il divieto di licenziamento (un anno dalla nascita del bambino) , la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. La lavoratrice e il lavoratore che si dimettono nel predetto periodo non sono tenuti al preavviso".
Da un punto di vista meramente statistico, l'eventualità che una madre voglia avvalersi della possibilità di rassegnare le proprie dimissioni (da convalidarsi, in questo caso, presso l'ispettorato territoriale del lavoro di competenza) e con ciò ottenere il riconoscimento dell'indennità sostitutiva del preavviso (e l'accesso alla c.d. NASPI) non è da considerarsi remota.
D'altronde, forse è anche per questo che il comma 137 voleva riconoscere un'agevolazione al rientro effettivo della lavoratrice, proprio per dissuaderla dal rassegnare le dimissioni.
In ogni caso, il disposto agevolativo in commento non sembra escludere la possibilità che una lavoratrice possa:
– rientrare effettivamente in azienda e, con ciò, ottenere l'applicazione del benefico contributivo in suo favore;
– e successivamente al suo rientro, determinare libere dimissioni, con gli effetti di cui all'articolo 55 del Dlgs 151/2001 (e, per esempio, con il pagamento di ferie arretrate e competenze di fine rapporto maturate). In questi casi l'istituto dell'indennità sostitutiva del preavviso deve considerarsi anch'esso oggetto di riduzione?
Se si volesse considerare la ratio normativa appare evidente la risposta in senso negativo, dovendo considerare il rientro come "effettivo" nel senso non fattuale (ovvero il rientro di un giorno) ma un vero rientro e reingresso nel mondo del lavoro.
Un chiarimento, sul punto, appare doveroso.

Conclusioni
Per quanto spinta da ragionevole buon senso, la norma in trattazione merita sicuramente dei chiarimenti di natura pragmatica che non le possono essere privati.
C'è da chiedersi, infine, se questa agevolazione sia rinunciabile da parte della lavoratrice madre.
In effetti, seppur in casi di scuola, risulta possibile l'ipotesi a merito del quale a fronte dell'applicazione di tale agevolazione contributiva, la madre possa perdere l'erogazione del c.d. elemento integrativo, confinato alla redditualità inferiore ad euro 15.000,00 annui. Dopotutto, minore contribuzione significa maggiore fiscalità (reddito) attesa la diminuzione dell'onere deducibile (contributo).
Per fortuna sono casi assai rari. L'indisponibilità della materia previdenziale potrebbe cozzare contro la rinuncia di un diritto della madre nell'agevolazione. Se ne vedrebbero delle belle.