Contenzioso

La discriminazione indiretta di genere si prova con dati statistici

La Cassazione ha indicato come procedere per stabilire se un provvedimento o una regola risultano svantaggiosi per parte dei dipendenti

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di Valeria Zeppilli

La discriminazione indiretta di genere si ha ogniqualvolta i lavoratori di un determinato sesso siano posti in una posizione particolarmente svantaggiosa in conseguenza di una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento che all'apparenza risulterebbero essere invece neutri.
La Corte di cassazione, con una lunga e articolata sentenza (sezione lavoro, 10328/2023), si è soffermata a chiarire come può essere provata la situazione svantaggiosa idonea a configurare una discriminazione indiretta di genere, precisando che, a tal fine, occorre dimostrare che una determinata disposizione colpisce in maniera negativa le persone di un certo sesso in misura significativamente maggiore rispetto a quelle di un altro sesso.

Se in linea teorica può sembrare tutto facile, a livello pratico non lo è affatto ed è per questo che la sentenza della Cassazione è destinata a divenire un punto di riferimento per tutte le situazioni di discriminazione indiretta di genere che si possono verificare e che giungono all'attenzione delle aule di giustizia.I giudici di legittimità hanno infatti dato delle linee guida per l'accertamento di una discriminazione indiretta, affermando che il giudicante, se dispone di dati statistici, come prima cosa deve considerare l'insieme dei lavoratori che sono interessati dalla disposizione di cui si discute. A questo punto deve compararli, andando a confrontare quanti di loro sono colpiti dalla presunta disparità tra quelli di sesso maschile e quanti ne sono colpiti tra quelli di sesso femminile.Fatta questa comparazione, può dirsi sussistente una discriminazione se i dipendenti colpiti da una certa disposizione con effetti negativi sono costituiti in maniera significativa da rappresentanti di uno dei due sessi. In altre parole, la valenza potenzialmente discriminatoria di un certo atto deve necessariamente essere apprezzata in concreto, anche su base comparativa e statistica.

La pronuncia è entrata anche nel dettaglio di atti o comportamenti idonei potenzialmente a essere posti alla base di una discriminazione, analizzando alcune casistiche.In particolare, i giudici hanno precisato che non è possibile elaborare dei criteri oggettivi di trattamento dei lavoratori, estranei a qualsivoglia discriminazione, collegando la durata di un'attività professionale all'acquisizione di un determinato livello di conoscenze ed esperienze. Se è vero, infatti, che all'aumentare dell'anzianità aumenta l'esperienza, è altrettanto vero che non possono non considerarsi tutte le circostanze del caso concreto e, quindi, la natura della funzione e l'esperienza che questa fa maturare in relazione a un determinato numero di ore lavorate: solo tenendo conto di ciò è possibile conferire a un tale criterio i connotati dell'obiettività.

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