Licenziamenti, anche gli pseudo-dirigenti sono tutelati
Si tratta di coloro che vengono qualificati come dirigenti solo formalmente, svolgendo, di fatto, dei compiti che non sono riconducibili alla relativa declaratoria contrattuale
L’ordinamento giuslavoristico italiano, come è noto a tutti, pone degli argini ben precisi al potere di licenziamento, stabilendo delle specifiche ipotesi che legittimano il recesso del datore di lavoro dal rapporto lavorativo e ponendo delle precise tutele in caso di mancato rispetto di quanto dalle stesse prescritto. Tali limitazioni, tuttavia, non si applicano nei confronti di tutti i lavoratori: come stabilito dall'articolo 10 della legge 604 del 1966, le norme sui licenziamenti individuali si applicano esclusivamente nei confronti dei prestatori di lavoro che rivestono la qualifica di impiegato e di operaio, ai sensi dell'articolo 2095 del codice civile. Ne restano quindi esclusi i dirigenti. O meglio: i dirigenti cc.dd. convenzionali.
La Corte di cassazione (sezione lavoro, 8 giugno 2023, n. 16208) ha infatti escluso dalla normativa limitativa dei licenziamenti solo i dirigenti che possono essere considerati tali alla stregua delle declaratorie del contratto collettivo applicabile, a prescindere dal fatto che si tratti di dirigenti apicali, medi o minori.
Rientrano a pieno titolo nella cerchia di coloro nei confronti dei quali trovano applicazione le norme sui licenziamenti individuali, invece, quelli che vengono definiti "pseudo-dirigenti": si tratta di coloro che vengono qualificati come dirigenti solo formalmente, svolgendo, di fatto, dei compiti che non sono riconducibili alla relativa declaratoria contrattuale.È una categoria con la quale la giurisprudenza si è in più occasioni confrontata e che, di fatto, denota una volontà fraudolenta del datore di lavoro, finalizzata alla sola elusione della tutela legale contro il licenziamento illegittimo.Lo pseudo-dirigente va quindi identificato tenendo conto dei profili fisiologici del suo rapporto, considerando, cioè, lo svolgimento da parte sua di mansioni che, sin dall'origine, non possono essere ricondotte alla categoria legale del dirigente.
Secondo la chiara analisi della Corte di cassazione, diverso è il caso in cui il rapporto di lavoro del dirigente, nel corso del suo svolgimento, si sia trasformato, tanto da generare un vero e proprio demansionamento.In questa ipotesi, ci si trova di fronte a un profilo patologico, che non snatura la posizione del dirigente trasformandolo in uno pseudo-dirigente. Di conseguenza, nonostante le vicende che hanno inficiato il rapporto di lavoro, nei suoi confronti non trovano applicazione né il regime limitativo del licenziamento né la relativa tutela.Resta ovviamente fermo il fatto che le funzioni pregresse che confermano la categoria dirigenziale del lavoratore possono essere rivendicate per ottenere la tutela reintegratoria nelle funzioni medesime ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile, oltre che la tutela risarcitoria per i danni eventualmente sofferti in conseguenza del demansionamento.