Contenzioso

Tenuta contabilità senza esclusive

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di Patrizia Maciocchi

L’assistenza fiscale, per la dichiarazione dei redditi ,o la tenuta dei libri contabili, non è appannaggio esclusivo dei dottori commercialisti, dei ragionieri o dei periti commerciali. Queste attività non rientrano, infatti, tra quelle che possono essere svolte solo dai soggetti iscritti all’albo professionale o abilitati. La Cassazione (ordinanza 13342) accoglie il ricorso del legale rappresentante di uno studio professionale che reclamava i compensi per la consulenza fiscale e tributaria e per l’elaborazione di dati contabili, fatta per una cooperativa. Un cliente contestava sia il regolare conferimento dell’incarico sia l’importo richiesto.

Problemi che il tribunale aveva risolto affermando la nullità del contratto. Secondo i giudici, le prestazioni svolte dallo studio, attraverso il legale rappresentante, erano riservate ai professionisti iscritti all’albo di dottori e ragionieri commercialisti e degli esperti contabili, nel quale la titolare dello studio non figurava.

Da qui la nullità del contratto che aveva ad oggetto: tenuta di scritture contabili, redazione di modelli Iva, dichiarazione dei redditi e conteggi Irap e Ici. Tra le “incombenze” affidate alla società, anche la richiesta di certificati e la presentazione di domande alle Camere di commercio. La Cassazione accoglie il ricorso del legale rappresentante, che aveva invocato a sostegno della tesi sulla legittimità del lavoro svolto anche la sentenza (418/1996) con la quale la Corte costituzionale aveva definito i limiti delle attività oggetto di “esclusiva”. Un tema del quale si è occupata anche la Cassazione che, sulla scia della Consulta, aveva affermato che «nelle materie commerciali, economiche, finanziarie e di ragioneria, le prestazioni di assistenza o consulenza aziendale non sono riservate per legge in via esclusiva ai dottori commercialisti, ai ragionieri e ai periti commerciali». (Cassazione 14085/2010; 15530/2008; 12840/2006).

Nel 2012 però le Sezioni unite, avevano fatto dei distinguo.

Il Supremo collegio in quell’occasione ha ipotizzato il reato di esercizio abusivo della professione, per chi professionalmente fa attività legate alla tenuta delle scritture e alle dichiarazioni dei redditi, svolgendo il compito con modalità che, per continuatività, onerosità e (almeno minimale) organizzazione, possono creare, senza chiare diverse indicazioni, l’apparenza di un’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato.

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