Contenzioso

Anzianità in busta paga anche per gli insegnanti precari

immagine non disponibile

di Gianni Trovati

L’Accordo quadro europeo sul lavoro a tempo determinato assesta un altro colpo alla gestione italiana dei precari della scuola. Questa volta a condannare il ministero dell’Istruzione è il tribunale di Livorno, che aggiunge un altro tassello al filone tracciato dalla sentenza con cui il 26 novembre scorso la Corte di Giustizia Ue ha bocciato come illegittima la disciplina italiana delle supplenze.

La sentenza
La pronuncia europea ha negato la legittimità dei contratti a termine a ripetizione, per un periodo superiore a 36 mesi, sulla base del fatto che le «particolari esigenze organizzative» della scuola non giustificano la deroga ai limiti imposti dalla disciplina Ue sul lavoro a tempo determinato. Nello stesso giorno della sentenza lussemburghese, a Livorno la difesa fondata sulla pretesa specificità scolastica cade su un altro versante, quello che finora ha ancorato lo stipendio dei supplenti al «il trattamento economico iniziale» dei docenti di ruolo (articolo 526, comma 1 del Dlgs 297/1994). Il tribunale di Livorno condanna questo congelamento, e ancora una volta rimette al centro della partita l’Accordo quadro europeo: per differenziare il trattamento economico dei precari da quello dei docenti di ruolo, spiega la sentenza, secondo l’accordo servono «ragioni oggettive», e in questa categoria non rientrano le esigenze del bilancio e nemmeno i problemi organizzativi della scuola. Di conseguenza, i precari hanno diritto agli stessi scatti che vengono maturati dai titolari di cattedra, e chi ha fatto ricorso si vede ora riconosciuti gli arretrati.

I precedenti
La decisione livornese non è inedita, perché in passato principi analoghi erano stati stabiliti per esempio dalla Corte d'Appello di Genova (sentenza 743 del 20 settembre 2011), mentre Trapani (sentenza 89/2013 ) aveva fatto un passo in più riconoscendo a un precario un maxi-risarcimento da 150mila euro che non era legato solo al passato, ma anche al futuro in cui «con tutta probabilità» il ministero dell'Istruzione avrebbe continuato a proporre lo stesso contratto (la supplenza da settembre a giugno).

Le nuove indicazioni
La pronuncia di Livorno, però, oggi acquista una forza aggiuntiva proprio per lo stretto legame con l’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/Ce che, come stabilito la scorsa settimana dalla Corte di Giustizia Ue, si applica alla scuola senza eccezioni. Le indicazioni contenute alla clausola 4 dell’Accordo sono chiare, e specificano che «i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive». Queste «ragioni oggettive», spiega il tribunale, devono riguardare «la natura del lavoro» oppure «le condizioni di formazione», e devono essere evidenziate «in base a criteri oggettivi e trasparenti»: ma nella scuola precari e docenti di ruolo fanno lo stesso lavoro, per cui devono ricevere lo stesso stipendio, tanto più che anche nel caso dei precari l’esperienza maturata in classe determina un «miglior apporto lavorativo» da valorizzare in busta paga.

Le conseguenze
Su queste basi, chiude la sentenza, il giudice deve disapplicare la norma interna che si pone in conflitto con questi principi, e per farlo è sufficiente cancellare la parola «iniziale» dall’articolo 526, comma 1 del Dlgs 297/1994, in modo tale che la norma stabilisca il meccanismo per cui «al personale docente ed educativo non di ruolo spetta il trattamento economico previsto per il corrispondente personale docente di ruolo».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©