Rapporti di lavoro

Cuzzilla (Federmanager): «Investimenti nella formazione strategici per la crescita»

di Claudio Tucci

«Il digitale sta trasformando imprese e mondo del lavoro; per questo è fondamentale l’investimento in formazione, sia scolastica che continua. Ma è necessario anche puntare su innovation manager, figure che sappiano accompagnare, in primis le Pmi, nel percorso di adeguamento al nuovo modello di sviluppo 4.0. Del resto, manager 4.0 già esistono in alcuni settori specifici, come l’automotive, il packaging e l’hi-tech. Si tratta, adesso, di scommetterci, allargando il raggio d’azione, penso, ad esempio, a professionisti come gli export manager o gli energy manager. E occorre incrementare la partecipazione femminile al mercato del lavoro: oggi in Italia possiede una occupazione solo quasi il 50% di donne. Eppure, se venisse centrato l’obiettivo di Lisbona 2020, cioè un tasso di occupazione femminile al 60%, vale a dire sei donne su 10 al lavoro, il nostro Paese beneficerebbe di un +7% del Pil».

Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager, ha già pronto, sulla scrivania, un dossier con le priorità di politica economica da discutere subito con il governo, attuale o con un eventuale nuovo esecutivo: «L’Italia non può permettersi paralisi – spiega –. Due sono i pre-requisiti su cui creare le condizioni di sviluppo di un’economia sana: primo, creare opportunità d’impiego, secondo, spingere sugli investimenti, a partire dalle opere infrastrutturali».

Presidente, il mercato del lavoro si è fermato…

Per questo bisogna intervenire. Accanto alla riduzione del costo del lavoro, che è una misura urgentissima, vanno affrontati due nodi storici: la riorganizzazione dei servizi per il lavoro, valorizzando il link pubblico-privato, e il deciso cambio di rotta nella formazione. Le evidenzio questi numeri. Un recente studio della commissione Ue ha stimato che entro il 2020 ci saranno 900mila posti non occupati per mancanza di competenze specifiche (erano 275mila nel 2012). E soltanto il 3-4% degli utenti che si sono rivolti a un centro per l’impiego è riuscito a trovare lavoro. Ecco, c’è molto da fare. Per migliorare i centri per l’impiego anziché puntare sui navigator, che nella migliore delle ipotesi hanno una scarsa conoscenza del mercato del lavoro, sarebbe più utile acquisire dal modello inglese la figura del tutor, chiamato personale advisor, che può essere svolta da un manager di esperienza, anche neopensionato. Quanto alle politiche educative, occorre rilanciare, istituti tecnici, Its e lauree Stem, e spingere sull’alternanza. La riduzione di ore e fondi alla scuola-lavoro è stata un grave errore.

In più c’è da fare i conti con il 4.0…

Non c’è dubbio. Il lavoro non sta scomparendo sta solo cambiando volto. E in questo scenario il ruolo del manager è determinante per tutte le imprese italiane in quanto “abilitato” a governare il processo di trasformazione in atto nelle aziende. I fondi, 75 milioni di euro nel triennio 2019-2021, inseriti nell’ultima legge di Bilancio per avvalersi di innovation manager, sono stati un passo positivo, ma la cifra va incrementata. Importante è anche lo smart working: se fosse applicato a 1,3 milioni di lavoratori, rispetto agli attuali 2/300mila, potremmo ottenere un recupero di circa 4 miliardi di euro all’anno che va ad incidere positivamente sulla produttività. Servono, inoltre, politiche di welfare aziendale in favore di una maggiore integrazione tra vita e lavoro. Noi ci abbiamo creduto: nell’ultimo rinnovo contrattuale tra Federmanager e Confindustria è stato inserito un articolo ad hoc su pari opportunità e conciliazione.

Ha parlato anche di infrastrutture…

Certo. È l’altra pre-condizione per lo sviluppo economico, accanto a formazione e lavoro. Bisogna sbloccare i cantieri. Penso in particolare al Sud. Anche qui i numeri sono chiari. Il 40% di tutto l’import ed export italiano parte e arriva “via nave”; dato che lievita al 60% man mano che si scende dal Nord lungo le coste e le isole, dove operano circa 200mila imprese. La posizione del nostro paese può spingere a creare una piattaforma logistica intermodale mare-terra in grado di catturare flussi di traffico e di realizzare servizi. Per questo, è necessario potenziare, ad esempio, le strutture portuali che possano candidare il Meridione a costituire il naturale polo logistico dell’area sud-europea.

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