Contenzioso

Ancora sulla sterilizzazione della contribuzione dannosa nel calcolo delle pensioni per gli autonomi

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di Silvano Imbriaci

Ad un anno quasi esatto di distanza dalla pronuncia 173 del 23 luglio 2018, la Corte costituzionale, con sentenza 12 luglio 2019, numero 177, torna sulla questione della complessiva legittimità del meccanismo di calcolo del trattamento pensionistico per i lavoratori autonomi, di cui all'articolo 5, comma 1, della legge 2 agosto 1990, numero 233 (Riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi) e all'articolo 1, comma 18, della legge 8 agosto 1995, numero 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare).

Nell'ambito della disciplina dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi, l'articolo 5, comma 1, della legge numero 233/1990 equipara l'importo del trattamento, per ogni anno di iscrizione e contribuzione alle rispettive gestioni, al 2% del reddito annuo d'impresa determinato, per ciascun soggetto assicurato, ai sensi dell'articolo 1 della stessa legge, quale risulta dalla media dei redditi relativi agli ultimi dieci anni coperti da contribuzione o al minor numero di essi, anteriori alla decorrenza della pensione.

L'articolo 1, comma 18, della legge 335/1995 a sua volta, per i lavoratori autonomi iscritti all'Inps che al 31 dicembre 1992 abbiano avuto un'anzianità contributiva pari o superiore ai 15 anni, applica gli incrementi delle settimane di riferimento delle retribuzioni pensionabili di cui al comma 17, ai fini della determinazione della base pensionabile, nella stessa misura e con la medesima decorrenza e modalità di computo ivi previste, entro il limite delle ultime 780 settimane di contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione.

La questione oggi affrontata riguarda la corretta individuazione delle settimane coperte da contribuzione (per la determinazione dei redditi da considerare): ci si chiede, in sostanza, se debba essere considerato oppure no l'intervallo di tempo fra la data di maturazione dei requisiti per l'accesso al pensionamento e la data di insorgenza del diritto alla decorrenza della pensione (cd finestra mobile) introdotto dall'articolo 12, comma 2, lettera b, del Dl 78/2010.

È giusto, in altri termini, che lo svolgimento di attività lavorativa ulteriore, dopo il raggiungimento dei requisiti per il diritto a pensione, possa eventualmente danneggiare l'assicurato, in presenza di redditi diversi e quindi di una contribuzione "meno pesante", considerando il momento successivo (la finestra) in cui effettivamente il lavoratore avrà accesso al trattamento pensionistico?

Si tratta, più in generale, del problema della sterilizzazione o neutralizzazione della contribuzione successiva al raggiungimento del requisito per il diritto, affrontato varie volte dalla Cassazione, e risolto, in un primo momento nell'ambito del lavoro subordinato, con l'affermazione del principio generale secondo cui (si veda Corte costituzionale 388/1995), nella fase successiva al perfezionamento del requisito minimo contributivo, l'ulteriore contribuzione, qualunque sia la natura, è destinata unicamente ad incrementare il livello di pensione già consolidatosi, senza mai poter compromettere la misura della prestazione già maturata (Corte di cassazione 11649/2018).

Con la sentenza 173/2018, la Corte costituzionale aveva effettivamente già provveduto ad allargare questa forma di tutela anche al lavoro autonomo, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'articolo 5 e dell'articolo 1, comma 18, nella parte in cui, ai fini della determinazione delle rispettive quote di trattamento pensionistico, nel caso di prosecuzione della contribuzione da parte dell'assicurato lavoratore autonomo che avesse già conseguito la prescritta anzianità contributiva minima, non prevedevano l'esclusione dal computo della contribuzione successiva nel caso in cui avesse comportato un trattamento pensionistico meno favorevole.

Con la sentenza 177/2019 la Corte non fa che dare applicazione a questo principio. Pur riconoscendo che vi è un esito irragionevole nell'attribuire alla contribuzione versata dopo effetti deteriori sulla complessiva posizione del lavoratore, tuttavia, ritiene superata la questione mediante l'applicazione diretta di quanto disposto nella sentenza del 2018, che, in via generale, ha fondato il principio della operatività del meccanismo della neutralizzazione anche per i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell'Inps. Anche al di là delle singole norme di cui si dubita della legittimità costituzionale, il carattere generale di questo principio ne consente l'applicazione a tutte le vicende analoghe.

Dunque, il problema non è tanto quello di individuare il momento del perfezionamento dei requisiti. Se anche, conformemente alla tesi dell'Inps, è al momento successivo della finestra a cui occorre guardare e nel quale può dirsi effettivamente perfezionato il requisito per l'accesso al trattamento pensionistico, tale conclusione non può comunque comportare effetti negativi per il lavoratore, in quanto non si potrà in nessun modo tener conto della contribuzione successiva alla data di perfezionamento del requisito contributivo, nell'ipotesi in cui determini, per i redditi prodotti fino al momento della finestra, una riduzione del trattamento pensionistico oggettivamente misurabile.

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