Sul cambio di appalto assimilato al trasferimento d’azienda pesa il concetto di discontinuità
In caso di cambio di appalto, la successione tra le aziende coinvolte (vecchio e nuovo appaltatore) configura un trasferimento d'azienda se è rinvenibile una sostanziale continuità tra la struttura organizzativa e operativa del subentrante e quella del soggetto che lascia l'appalto. In altri termini, si ricade nella disciplina dell'articolo 2112 del Codice civile quando si riscontra un' identità tra le due imprese e viene, quindi a realizzasi una semplice variazione della titolarità. Sono a regime, da oltre un mese le nuove regole di gestione del personale in caso di successione di appalti.
Il nuovo articolo 29, del Dlgs. 276/2003, variato dalla legge 122/2016, rappresenta un rilevante cambio della disciplina in vigore sino al 22 luglio scorso che, di fatto, escludeva sic et simpliciter l'applicabilità della normativa prevista per i casi di trasferimento di azienda, in tutte le situazioni in cui un soggetto subentrava a un altro, nella gestione del medesimo appalto (rectius: “servizio”), anche quando l'operazione - per la sua realizzazione - includeva l'assunzione delle maestranze occupate nell'appalto stesso.
La norma, contenuta nel Dlgs 276/03 attuativo della legge Biagi, era incompatibile – a detta della comunità europea - con la filosofia espressa dalla Ue in una direttiva del 2001 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di essi. Tale incompatibilità si manifestava nella parte in cui la norma citata escludeva, senza appello, il manifestarsi di un trasferimento d'azienda nella circostanza in cui un'impresa, vincendo un appalto, continuava la gestione del servizio appaltato, assumendo i lavoratori in forza presso l'azienda che lasciava l'appalto stesso. Così, con l'auspicio di realizzare, nei paesi membri, l'omogeneità delle regole in materia, è stato chiesto all'Italia di definire più compiutamente i confini dell'esclusione (del trasferimento d'azienda) prevedendo, di contro, anche le ipotesi di configurabilità dell'istituto.
In risposta alle preoccupazioni europee, il legislatore nazionale è intervenuto cambiando la legge di riferimento; di fatto la variazione è stata realizzata attraverso l'aggiunta di poche ma significative parole che cambiano il senso della disposizione. Con le modifiche apportate il nuovo articolo 29 del Dlgs 276/03 recita testualmente (in grassetto il testo aggiunto): «l'acquisizione del personale già impiegato nell'appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa e operativa, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale o di clausola di contratto d'appalto, ove siano presenti elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa, non costituisce trasferimento d'azienda».
Con la nuova e attuale disposizione, la successione negli appalti e il trasferimento d'azienda restano distinti. Le parole inserite nella legge, escludono il trasferimento d'azienda e, dunque, l'applicazione dell'articolo 2112 del Codice civile, quando (prima condizione) chi subentra nella gestione del servizio è un soggetto che possiede una sua struttura organizzativa e operativa, sempre che (seconda condizione) si evidenzino elementi di discontinuità con il precedente appaltatore, tali da configurare una specifica identità di impresa. Il punto è comprendere come agiscono i due nuovi elementi, recentemente introdotti. La Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro ha emanato, ieri, sull’argomento, la circolare numero 11 con cui cristallizza alcuni concetti, a beneficio degli iscritti all'Ordine professionale di riferimento.
Quanto alla presenza di una propria struttura organizzativa e operativa, la Fondazione fa notare come il legislatore italiano abbia voluto inserire nel nuovo testo normativo alcuni indici già individuati dalla giurisprudenza della Suprema Corte (mancato trasferimento di beni e mezzi di rilevante entità, utilizzati dall'imprenditore uscente) la cui presenza farebbe ricadere l'operazione nelle maglie dell'articolo 2112 del codice civile. Inoltre, gli esperti del Centro Studi dei CdL, incentrano l'attenzione sul concetto di identità di impresa, arrivando a sostenere che, anche in questo caso, il legislatore ha voluto mutuare dei concetti resi disponibili dagli orientamenti della Corte diCassazione quando ha affermato che si conserva l'identità dell'impresa se permangono gli stessi mezzi, beni e rapporti giuridici organizzati in funzione dell'esercizio stabile e continuativo di un' attività economica svolta in forma d'impresa.
Sul fronte lavoristico, si potranno presentare, quindi, casi in cui il contratto collettivo di lavoro applicato potrà essere diverso giungendo anche a una variazione in peius delle retribuzioni. Per una lettura più ampia e compiuta della nuova normativa si dovranno attendere le pronunce giurisprudenziali, in particolare sul concetto di discontinuità. Si può, tuttavia, immaginare sino d'ora, che l'articolo 2112 del codice civile, troverà pienamente applicazione quando chi vince l'appalto e prosegue l'attività, si presenta come una “scatola vuota”, senza una struttura imprenditoriale. Rispetto al passato si evidenzia una conferma; anche le nuove regole riguardano tutti i casi in cui i dipendenti passano da un datore di lavoro all'altro, a prescindere dalla natura legale o contrattuale della fonte normativa che ne ha sancito il trasferimento. In chiusura, va osservato che le nuove regole determineranno effetti anche sul fronte della contribuzione previdenziale obbligatoria la cui gestione è quasi esclusivamente di pertinenza dell'Inps.
Fondazione studi consulenti del lavoro, circolare 11/2016