Contrattazione

Assunzioni, il bonus è efficace solo se pieno e senza paletti

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

È di soli 60.344 contratti il bilancio dei primi sei mesi dell’incentivo “giovani”, lo sgravio contributivo triennale del 50% (fino a 3mila euro) per stabilizzare under35, che ha riguardato appena il 6,96% delle assunzioni stabili del periodo. Non è andato (finora) meglio il bonus Sud, l’esonero totale (fino a 8.060 euro) per 12 mesi per i nuovi contratti fissi nelle regioni meridionali: al 30 giugno, a fronte di 89.853 domande presentate dalle imprese, ne sono state confermate poco più della metà, 48.062, per il ritardo nell’accredito dei fondi, a causa dei soliti intoppi burocratici.

Certo, la frenata delle assunzioni risente di una crescita che stenta a decollare, e tra le imprese si sconta anche un clima generalizzato di incertezza. Ma non c’è dubbio che pure la complessità e selettività degli sgravi assunzionali oggi in vigore è dietro il “mezzo flop”. Questi numeri sono sul tavolo dei tecnici del governo che stanno studiando le misure per incentivare anche nel 2019 le assunzioni con contratto a tempo indeterminato, senza limiti geografici, ovvero sull’intero territorio nazionale, dovendo fare i conti con la limitatezza di risorse disponibili.Il tema è delicato, e molto dipenderà dalle scelte che l’Esecutivo metterà in campo per invertire rotta.

Del resto, la storia, dal governo Monti ad oggi, insegna che incentivi “settoriali” e di difficile applicazione non hanno mai prodotto risultati apprezzabili. Si ricorderà l’esonero introdotto dal decreto «Salva Italia» del dicembre 2011 per favorire l’occupazione di giovani e donne. Era una misura d’emergenza, anche sostanziosa: si concretizzava in uno sgravio pari a 12mila euro per ogni trasformazione o stabilizzazione a tempo indeterminato e a 3mila euro per ogni assunzione a termine di durata non inferiore a 12 mesi. È stata però attuata con quasi un anno di ritardo (con il Dm 5 ottobre 2012); e prevedendo procedure complesse. Risultato? Un “flop”: dal 2012 al 2013 la spesa per questo incentivo è scesa da 196 milioni di euro ad appena 56 milioni. Stessa sorte è toccata all’incentivo Fornero del 2012 che ha posto una serie di condizioni per accedere al beneficio, che ne hanno subito decretato il fallimento. La spesa per la misura, rendicontata dal ministero del Lavoro, è stata di appena 4,4 milioni di euro. La storia prosegue con Enrico Giovannini, che ha introdotto nel dl 76 del 2013, fino al 30 giugno 2015, un bonus (650 euro per un massimo di 18 mesi) per la stabilizzazione di giovani under30 in situazioni di particolare svantaggio o privi di lavoro da almeno sei mesi e/o privi di diploma. «Anche qui l’incentivo ha avuto scarsissimo appeal - ricorda Giampiero Falasca, giuslavorista - in quanto l’assunzione a tempo indeterminato era solo il punto di partenza di un iter burocratico che prevedeva l’attesa dei fondi, la presentazione della domanda e l’approvazione ministeriale». Su questa misura sono stati messi circa 800 milioni di euro. Oltre la metà dei soldi è stata poi “smistata” su altre misure, tra cui il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga.

Gli unici incentivi che, negli ultimi sette anni, hanno avuto successo sono stati quelli “generalizzati” del governo Renzi: l’esonero intero triennale del 2015 ha portato alla sottoscrizione di 1,5 milioni di contratti a tempo indeterminato. Cosa prevedeva? Un bonus pieno e di facile applicazione, con un finanziamento cospicuo.

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