Rapporti di lavoro

È il momento di ripartire da nuove regole sugli Ordini

di Salvatore Lombardo

L’approvazione della legge sul lavoro autonomo (la n.81/2017) ha riacceso le luci sul ruolo che i professionisti ricoprono nell’economia e nella società italiana. Oltre 2 milioni di professionisti il cui apporto all’economia del Paese viene giustamente riconosciuto dal legislatore.

Un riconoscimento che avviene mediante l’apertura alla delega di nuove funzioni al fine di semplificare l’attività della Pubblica Amministrazione; si tratta dello stesso legislatore che, a pochi giorni di distanza, impone una ulteriore deregolamentazione, avviando a conclusione l’iter del disegno di legge concorrenza.

La contraddittorietà dell’approccio impone di chiedersi quale sia il ruolo dei professionisti, oggi, in Italia. Ai tempi della rivoluzione digitale, è lecito domandarsi quale possa essere la funzione svolta dai corpi intermedi e la loro capacità di mediare tra interessi contrastanti, nell’interesse del cittadino.

Un ruolo di mediazione culturale, oltre che professionale, - oggi più che mai attuale - volto a colmare le asimmetrie informative tra cittadino e i cosiddetti poteri forti per garantire alla comunità civile valori e rispetto della legge, riequilibrando lo strapotere degli interessi e dell’economia.

La legge sul lavoro autonomo, dunque, riafferma la centralità del ruolo dei professionisti, come soggetti qualificati ad assicurare servizi di interesse pubblico (anche mediante devoluzione di atti della Pa), riconoscendo il valore dei corpi intermedi e il loro ruolo di sussidiarietà rispetto allo Stato.

Non è allora fondamentale, a tutela dei cittadini, una regolamentazione pubblicistica degli ordini professionali per garantirne un accesso rigoroso, una formazione qualificata, i controlli deontologici stringenti anche per l’impegno costante alla lotta antiriciclaggio?

La questione si pone in forma ancora più accentuata per i notai che, oltre a essere liberi professionisti sono pubblici ufficiali, delegati dallo Stato ad assicurare il controllo di legalità preventivo sui principali contratti che riguardano la vita economica di cittadini e imprese, svolgono una funzione di equilibrio tra le diverse posizioni delle parti di una transazione, in un mondo nel quale le cosiddette asimmetrie informative costituiscono un presupposto essenziale per assumere posizioni dominanti, garantendo un livello di contenzioso pressoché inesistente (0,003%) nel settore immobiliare e societario.

Riconoscere il valore delle professioni pone, tra l’altro, il tema di garantire il diritto a un equo compenso. Per i notai, in qualità di pubblici ufficiali, si tratta di garantire insieme il diritto a un compenso minimo, giusto che consenta l’equilibrio economico dello studio che è obbligatorio tenere aperto e assistere anche in sedi disagiate e l’interesse del cittadino a un trattamento uniforme con elevati standard di qualità e sicurezza. Non trascurabile, infine, è il tema della prescrizione dell’azione di risarcimento del danno professionale, che oggi decorre dalla scoperta dell’errore e non dal compimento della prestazione professionale, con conseguenze facilmente immaginabili sul piano dei costi delle assicurazioni.

Forse è davvero giunto il momento di ripartire da un progetto di regolamentazione delle professioni. I notai italiani sono pronti alla sfida, come sempre, proiettati verso il futuro, capaci di gestire il cambiamento e le nuove tecnologie senza però tralasciare di essere riferimento e certezza per i clienti e sentinelle contro il malaffare per lo Stato e, segnalandosi, per come ha sottolineato Andrea Goldestein, su queste stesse pagine, per l’«eccellenza di certe pratiche notarili riconosciuta anche dalla Banca Mondiale».

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