Contrattazione

L’allarme di Assolavoro: con il decreto dignità 53mila fuori dal mercato

di Claudio Tucci

Dal 1° gennaio circa 53mila persone non potranno più essere riavviate al lavoro attraverso le agenzie private perché raggiungeranno i 24 mesi, che rappresenta il nuovo limite massimo per un impiego a tempo determinato, introdotto, quest’estate, dal decreto dignità e interpretato “estensivamente” dal ministero del Lavoro, con una circolare di fine ottobre (la n. 17 del 2018).

L’allarme è stato lanciato ieri da Assolavoro, l’Associazione nazionale delle agenzie per il lavoro, che ha elaborato (in via prudenziale) i dati rilevati dagli operatori associati (un campione oltremodo significativo visto che “valgono” circa l’85% del mercato).

Il tema è delicato, e gli effetti rischiano di essere “dirompenti”. Finora, vigente il vecchio tetto temporale dei 36 mesi, resi derogabili dal contratto collettivo, ora sceso a 24 mesi, l’interpretazione del dicastero di Via Veneto è sempre stata più “soft”. Vale a dire raggiunto il limite dei 36 mesi, l’impresa non poteva più assumere a termine il medesimo lavoratore, mentre era ancora legittima la somministrazione a tempo determinato. Ciò sul presupposto della diversità dei due istituti anche alla luce delle differenti discipline a livello comunitario. Non solo. Nel calcolare il tetto massimo di un contratto a termine con il datore la normativa in vigore, datata 2007, fa riferimento a tutti i rapporti temporanei tra le stesse parti, compresi quelli “passati”. Ebbene, con il dl dignità si è sancita, nei fatti, l’equiparazione tra le discipline dei contratti a termine e della somministrazione (sempre a termine); e con la circolare di fine ottobre si sono addirittura “retrodatate” le modalità di computo del termine (24 mesi) da calcolare anche con riferimento ai contratti a termine stipulati dalle agenzie prima dell’entrata in vigore del dl dignità (cioè quando la nuova norma non esisteva).

Di qui l’effetto domino sul settore: con circa 53mila interinali che, dal nuovo anno, perderanno il posto perché raggiungeranno i fatidici 24 mesi. «Abbiamo a più riprese segnalato i rischi e offerto disponibilità a migliorare la normativa - evidenzia Alessandro Ramazza, presidente di Assolavoro -. Non è nelle nostre corde accendere conflittualità. Ma è necessario correggere il tiro a tutela dei lavoratori». Nel mirino ci sono anche le causali, obbligatorie dopo i primi 12 mesi di rapporto liberi, così come in ogni caso di rinnovo, a prescindere dalla durata e nelle proroghe che determinino contratti superiori a 12 mesi.

«Il punto è che non può essere una circolare ministeriale a comportare effetti retroattivi nell’applicazione della nuova norma. Occorre semmai una legge, come avvenne nel 2007 per i contratti a termine - spiega Arturo Maresca, ordinario di diritto del Lavoro all’università «La Sapienza» di Roma -. Oltre al lavoro somministrato ci sono anche altri settori in difficoltà per il giro di vite operato dal decreto dignità, per esempio i negozi per le vendite natalizie. Con l’economia in frenata, aver penalizzato i contratti a termine anche a fronte di genuine esigenze di temporanei incrementi di attività rischia di produrre effetti negativi sull’occupazione e favorire il lavoro nero».

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