Previdenza

Per l’assegno di ricollocazione platea potenziale di un milione di persone

di Mauro Pizzin

Può toccare quota un milione la platea dei potenziali beneficiari dell'assegno di ricollocazione, operativo dallo scorso maggio dopo due anni di attesa. A dirlo è un report dell'Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro presentato ieri nel corso del Festival del lavoro in corso di svolgimento a Milano.

Secondo l'indagine, un quarto dei potenziali beneficiari dell'assegno sono i disoccupati residenti nelle regioni della Campania (circa 120 mila) e della Lombardia (130 mila). Con un importo che va da un minimo di 250 euro a un massimo di 5mila euro, a seconda del profilo di occupabilità della persona da ricollocare, l'assegno non va direttamente al disoccupato, ma ai centri per l'impego e ai soggetti privati, autorizzati a fornire servizi di ricollocazione, solo nel momento in cui il disoccupato venga assunto. L'assunzione deve avvenire con contratto a tempo indeterminato, anche in apprendistato, o con contratto a tempo determinato, maggiore o uguale a 6 mesi.

Nel report si sottolinea come lo strumento preveda una forte integrazione tra i servizi per l'impiego pubblici e privati allo scopo di assicurare al disoccupato un nuovo impiego in tempi rapidi e ridurre la spesa nazionale per le politiche passive. Il vero problema, secondo i professionisti, è dato però dal fatto che i servizi pubblici in Italia non sono in grado di rispondere alle esigenze della platea interessata dall'assegno, potendo contare solo su circa 8mila dipendenti contro i 50mila dipendenti francesi e i 110mila tedeschi.
In questo contesto, il rapporto mette in luce come solo con la stretta integrazione dei servizi privati nel processo di ricollocazione si potrebbero ottenere migliori opportunità di uscita per i beneficiari di Naspi.

Sullo sfondo resta la necessità di riequilibrare la spesa per le politiche del lavoro, che in Italia, con 17 miliardi nel 2016, inclusi i contributi figurativi, è per il 74% destinata alle politiche passive. Inoltre, metà della spesa per le misure di politiche attive è assorbita dagli incentivi all'assunzione (13% sul totale delle politiche attive e passive) e solo il 12% si concretizza in misure di politica attiva che non siano incentivi, quasi completamente rappresentate dalla spesa in formazione. In Germania e in Francia la spesa in politiche passive è rispettivamente del 58% e del 66%, mentre grandi investimenti sono rivolti ai servizi e alle politiche attive per i soggetti svantaggiati.

Il report dell'Osservatorio statistico consulenti del lavoro

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