Contenzioso

Ricorso possibile anche per i sindacati provinciali

di Carlo Marinelli e Uberto Percivalle

Il requisito della “nazionalità”, che legittima una organizzazione sindacale al ricorso ex articolo 28 dello Statuto dei lavoratori (legge 300/70) per comportamento antisindacale, deve essere riferito non alla necessità che l'associazione sindacale ricorrente operi su tutto il territorio nazionale, ma che sia esistente ed operante nell'ambito territorialmente rilevante per la specifica categoria considerata e dunque anche solo in certe regioni o province.

Lo ha specificato la Corte di cassazione con sentenza la 21373 del 29 agosto 2018.

Il caso in commento è particolare. L'Unione dei sindacati autonomi sudtirolesi si era rivolta al giudice del lavoro per accertare il comportamento antisindacale di un'azienda che aveva negato la possibilità di fruire dei permessi e rifiutato di aprire trattative sul punto. Tale rivendicazione era stata avanzata sulla base di quanto previsto all'articolo 5 bis del Dl 148/93, che ha esteso i diritti e le prerogative dei sindacati maggiormente rappresentativi sul piano nazionale alle associazioni sindacali dei lavoratori appartenenti alle minoranze linguistiche tedesca e ladina. L'azienda si era difesa sostenendo, tra l'altro, che l'estensione di cui al predetto articolo 5 bis non opererebbe per quei diritti e prerogative –come i permessi sindacali- riconosciute a livello contrattuale alle sole organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi. I giudici di merito, anche in appello, riconosciuta la legittimazione ad agire del sindacato ricorrente, accoglievano il ricorso. Ricorreva in Cassazione la società lamentando, tra l'altro, che il sindacato ricorrente non avesse carattere nazionale, con la conseguenza di non godere della tutela speciale di cui all'articolo 28 dello Statuto dei lavoratori. I giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso, osservando che il criterio della nazionalità “non può che intendersi in senso relativo, ovvero rispetto alla categoria di riferimento nel suo complesso”.

Il principio affermato dalla sentenza è interessante alla luce del significato che, di volta in volta, la stessa Corte ha attribuito al criterio della nazionalità. Sul punto, infatti, si registrano diversi precedenti non tutti conformi. In una decisione a sezioni unite (28269 del 21 dicembre 2005), la Cassazione aveva ritenuto che, ai fini della legittimazione ad agire ex articolo 28, fosse necessaria la diffusione del sindacato sul territorio nazionale, con ciò dovendosi intendere lo svolgimento di un'effettiva azione sindacale non su tutto, ma su gran parte del territorio nazionale e senza esigere che l'associazione faccia parte di una confederazione, né che sia maggiormente rappresentativa. Successivamente la Corte precisava che la mera appartenenza ad una confederazione non è di per se indicativa del requisito della nazionalità se poi l'attività in concreto svolta risulta scollegata da qualsiasi politica nazionale (1307 del 24 gennaio 2006). In seguito, i giudici hanno espresso un orientamento più restrittivo, ritenendo necessario non solo che l'organizzazione sindacale abbia una diffusione su gran parte del territorio nazionale, ma anche il concreto riscontro di una effettiva azione sindacale su tale territorio che, di norma, è comprovato dalla capacità di contrarre accordi o contratti collettivi a carattere nazionale (5209 del 4 marzo 2010).

Con la sentenza in commento, i giudici aggiungono un ulteriore tassello esegetico, affermando che il requisito della nazionalità deve essere inteso in senso relativo purché, beninteso, l'associazione ricorrente sia maggiormente rappresentativa in ambito nazionale rispetto alla specifica categoria considerata (nella specie le minoranze linguistiche tedesca e ladina).

Il principio enunciato è in linea con una interpretazione della norma che valorizza il dato sostanziale della effettiva rappresentatività, in luogo di quello meramente formale della dislocazione del sindacato sul territorio. Tale interpretazione sembra in linea con quanto sostenuto dalla Corte costituzionale (54/1974 e successivamente 334/88 e 89/95) la quale, nel confermare l'articolo 28 nella sua attuale formulazione, ha sostenuto che la diversità di trattamento tra organizzazioni sindacali (quelle a carattere nazionale, che possono agire con il procedimento speciale ex articolo 28, e le altre che hanno accesso alla sola tutela ordinaria ex articolo 414 del Codice di procedura civile), ha ragion d'essere proprio nella maggiore rappresentatività di alcune rispetto ad altre, mentre la dimensione nazionale assume un valore indicativo di adeguato livello di rappresentatività.

La sentenza n. 21373/18 della Corte di cassazione

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