Precoci, accolta meno di una domanda su tre
Doveva essere uno dei nuovi canali di flessibilità, aperto con la legge di Bilancio dell’anno scorso, per riconoscere il diritto al pensionamento anticipato con 41 anni di contributi versati per chi aveva lavorato almeno 12 mesi prima d’aver compiuto 19 anni.
Purtroppo i lavoratori precoci che ce l’hanno fatta a utilizzare questa possibilità sono stati finora piuttosto pochi. Secondo gli ultimi dati Inps, aggiornati al 16 ottobre scorso, meno del 30% di chi ha presentato domanda ha ricevuto una risposta di accoglimento. A fronte delle 26.251 domande arrivate, solo 7.356 sono state accolte (28%), 18.411 quelle respinte, mentre 484 risultano ancora in fase istruttoria. Una domanda su dieci è arrivata da lavoratori che non avevano un anno di contribuzione effettiva prima dei 19 anni.
La finestra, aperta dal 1° maggio, s’è rivelata troppo stretta per le condizionalità poste dalla legge. Per l’uscita anticipata, infatti, oltre ai 12 mesi di versamenti in età giovanile era richiesta l’appartenenza a determinate categorie (disoccupati, coloro che assistono familiare con handicap grave, invalidi superiori al 73%, lavoratori che svolgono lavori gravosi e/o usuranti). Solo in questo caso il pensionamento è consentito, a prescindere dall'età anagrafica, con 41 anni e 5 mesi di contributi nel periodo 2019/2020.
Con i nuovi indirizzi interpretativi del ministero del Lavoro, tra le domande scartate dall’Inps saranno ora riconsiderate almeno 216 situazioni di richiedenti che, dopo il termine dell’ammortizzatore sociale, hanno avuto periodi di rioccupazione inferiori a sei mesi (per esempio con attività pagate con un voucher). Sempre di piccoli numeri si tratta, comunque, per una categoria che difficilmente potrebbe essere riesaminata nel confronto in corso tra governo e sindacati. Resterebbe in subordine, per eventuali correzioni al margine dell’attuale quadro normativo, lo spazio del vaglio parlamentare della manovra. Il monitoraggio Inps rivela, tra l’altro, uno squilibrio assoluto a favore degli uomini, visto che delle 7.356 domande accolte solo 1.040 sono di donne. Nella legge di Bilancio dell’anno scorso la misura prevedeva una maggiore spesa per 360 milioni quest’anno, che salgono a 550 nel 2018, per diventare 590 milioni strutturali dal 2020.