Previdenza

Gli ammortizzatori non bastano, servono interventi di politica attiva

di Tiziano Treu


L'intervento di Leonardi e Nannicini sul Sole 24 ore del 26 maggio ha aperto un utile dibattito sulle politiche del lavoro necessarie a gestire bene le crisi aziendali.

Le proposte degli autori, che si richiamano all'accordo del 1° settembre 2016 fra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil, evidenziano la necessità che le parti, imprese, lavoratori e sindacati, operino insieme con lo Stato per affrontare in modo attivo e tempestivo le crisi invece di limitarsi a usufruire passivamente degli ammortizzatori sociali come è stato spesso in passato.

Questo è il nuovo approccio nella gestione delle crisi sancito dal Jobs Act e che ora attende di essere implementato efficacemente mettendo in opera gli strumenti di politica attiva disponibili e rafforzandoli.

Il rafforzamento è necessario, perché questo delle politiche attive è ancora un punto debole della riforma.Occorre rafforzare soprattutto gli strumenti pubblici che sono ancora privi delle risorse umane e finanziarie all'altezza del compito. Ma occorre anche un impegno delle parti sociali che sia coerente con gli obiettivi indicati ed eviti di cedere alle vecchie tentazioni assistenzialistiche con il ricorso a deroghe rispetto all'uso fisiologico degli ammortizzatori, in particolare della Cigs.

Sottolineo alcuni punti importanti in discussione fra le parti e anche in sede governativa. Un'esigenza rilevata anche nelle migliori pratiche europee è di anticipare per quanto possibile le iniziative necessarie a prevenire e, se possibile, evitare le ricadute occupazionali delle crisi con azioni sia di riqualificazione professionale del personale sia con attività di riposizionamento delle imprese.

Senza questa seconda operazione gli interventi solo sul lato dell'offerta di lavoro rischiano di essere vani.In queste esperienze europee tutte le iniziative di politica attiva e la stessa gestione delle flessibilità interne all'azienda sono finalizzate all'obiettivo di favorire la retention delle persone nell'impresa o,come anche si dice, di facilitare le transizioni da posto a posto di lavoro all'interno dell'azienda senza passare per periodi di disoccupazione o riducendoli al minimo.

Questa prospettiva è chiara anche nelle tesi di Leonardi e Nannicini là dove si sottolinea l'importanza che tutti gli interventi di politica attiva siano anticipati all'inizio della cassa integrazione e siano sostenuti con risorse delle varie parti pubbliche e private. È importante che tale indicazione sia largamente condivisa dagli interventi su questo giornale (di Stirpe, Petteni e Tiraboschi). L'esempio di altri paesi conferma che gli interventi sono efficaci se sono tempestivi,se hanno durata commisurata alla crisi e se comprendono anche un mix di misure funzionali: non solo sostegni economici ai lavoratori e alle imprese (per esempio, per le attività di riqualificazione di particolare intensità), ma anche servizi di supporto alla ricollocazione. A questi le imprese possono contribuire in modo decisivo con il loro know how. In certe esperienze estere le imprese sono richieste di dedicare unità specializzate per seguire e sostenere i percorsi di ricollocazione insieme con le istituzioni pubbliche.
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