Adempimenti

Stretta sui giochi: stop alla pubblicità

di Marco Mobili

La stretta sul gioco è uno dei vessilli del decreto lavoro, sventolati da Luigi Di Maio in faccia alle lobby. Con alcune contraddizione di fondo che non possono essere del tutto ignorate: ad esempio, da una parte si vieta la pubblicità del gioco e contemporaneamente aumentano le tasse sulle new slot e le Vlt (quindi si spera che si giochi di più e non di meno), per recuperare ulteriori risorse da destinare all’estensione al 2019 e 2020 della decontribuzione al 50% per le assunzioni di giovani under 35 anni con contratto a tempo indeterminato.

Non solo. Per far sì che dalla stretta sulla pubblicità a perdere il banco non sia lo Stato (occorrono 147 milioni per il 2019 e 198 milioni a decorrere dal 2020) viene aumentato il Prelievo erariale unico (Preu) sulle macchinette, ossia su un segmento del mercato del gioco che oggettivamente non richiede grandi numeri di spot. Fatto sta che la stangata sulle slot sarà progressiva, a partire dal prossimo 1° settembre. Da quella data e fino al 30 aprile 2019 le aliquote su slot e Vlt passeranno rispettivamente al 19,25 e al 6,25 per cento dell’ammontare delle somme giocate. Dal 1° maggio del prossimo anno scatterà un ulteriore 0,25% di aumento (19,6 e 6,65%). Dal 1° gennaio 2020 il Preu arriverà al 19,68 e 6,68% e al 19,75 e 6,75% dal 2021. La prima discesa si avrà nel 2023, con un calo dell’aliquota dello 0,15/ (19,6 e 6,6).

Contraddizioni peraltro evidenziate anche dagli uffici studi e del bilancio di Camera e Senato ma che non hanno fermato di certo la maggioranza nell’avviare la prima vera stretta sul mercato del gioco. Stretta che, con qualche ritocco, è stata di fatto sostenuta e modificata con alcuni emendamenti delle opposizioni nel corso dell’esame in Parlamento. Ma vediamo cosa prevede sul gioco il decreto lavoro.

L’articolo 9 introduce il divieto di qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, che riguardi giochi o scommesse con vincite di denaro, in qualsiasi modo effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali e artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica. Stop dunque agli spot sul «gioco d’azzardo», come indicato espressamente nel passaggio alla Camera.

Lo stop alla pubblicità concede alcune deroghe. In primo luogo ai contratti in corso alla data di entrata in vigore del Dl, ossia il 14 luglio scorso, cui si continuano ad applicare le vecchie regole (il decreto Balduzzi e la legge di stabilità 2016 con i divieti orari) fino alla loro scadenza, e comunque non oltre un anno (14 luglio 2019). L’altra deroga al divieto riguarda i messaggi sul gioco responsabile dei Monopoli. Salva dalla stretta anche la Lotteria della Befana.

Dal 1° gennaio 2019, inoltre, scatterà anche il divieto per le sponsorizzazioni. Mano pesante per chi non rispetta i divieti. La violazione fa scattare la sanzione pecuniaria pari al 20% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità e, in ogni caso, non inferiore a 50mila euro per ogni violazione. Le ammende saranno comminate dall’Agcom e le somme dovranno confluire nel «Fondo per il contrasto al gioco d’azzardo patologico», istituito Stabilità 2016.

Con uno sguardo al futuro, il decreto prevede che il Governo dovrà proporre una riforma complessiva in materia di giochi pubblici e monitorare, con tanto di relazione al Parlamento, l’andamento nell’anno dell’offerta di gioco. Tra le altre novità introdotte nella conversione in legge anche l’obbligo per i giochi con vincite in denaro di riportare in modo ben visibile la percentuale di probabilità di vincita.

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