Contrattazione

Congedi, ferie, permessi e infortuni: così la gestione durante la Cig

La riforma del Dlgs 148/2015 scattata quest’anno non ha modificato le regole. Per le indennità spesso rileva la differenza fra sospensione dell’attività o riduzione oraria

di Ornella Lacqua e Alessandro Rota Porta

Il congedo di maternità prevale sempre sull’integrazione salariale. Nel caso del congedo parentale, invece, il dipendente può scegliere di avvalersi o meno della facoltà di astensione. Se decide di fruire del congedo facoltativo, avrà diritto solo alla relativa indennità, senza possibilità di cumulo con l’ammortizzatore. Sono due esempi del rapporto che può crearsi tra la fruizione della cassa integrazione e altri istituti tipici del rapporto di lavoro, dalle ferie ai congedi. La riforma operata dall’ultima legge di Bilancio (legge 234/2021) sull’impianto del Dlgs 148/2015 ha apportato diverse novità ma sono rimasti immutati alcuni principi: tra questi, le disposizioni che regolano l’intreccio fra la cassa integrazione e gli altri eventi tipici del rapporto di lavoro.

L’analisi che segue può ritenersi utile per le differenti tipologie di integrazioni salariali, anche per le situazioni recentemente coperte dai provvedimenti normativi a ristoro degli effetti derivanti dal conflitto in Ucraina, come l’ulteriore trattamento di integrazione salariale per un massimo di 8 settimane fruibili fino al 31 dicembre 2022 per i datori di lavoro che occupano fino a 15 dipendenti (codici Ateco indicati nell’Allegato I al Dl 21/2022) che non possono più ricorrere all’assegno di integrazione salariale per esaurimento dei limiti di durata nell’uso delle relative prestazioni. Ma anche nei confronti dei datori dei settori con i codici Ateco indicati nell’Allegato A al decreto 21/2022 che, fino al 31 maggio 2022, sospendono o riducono l’attività lavorativa, restando esonerati dal pagamento della contribuzione addizionale.

Il ricorso agli ammortizzatori sociali impone alle aziende coinvolte un approccio molto più complesso nella gestione del personale. Cerchiamo allora di capire come ci si deve comportare, per maneggiare correttamente queste misure, in relazione agli altri istituti di legge e/o contrattuali.

Per quanto attiene alla compatibilità dell’assegno di integrazione salariale con altre prestazioni e istituti contrattuali, si può richiamare la prassi già in uso per l’integrazione salariale ordinaria, come aveva chiarito l’Inps con la circolare 130/2017.

Come detto, il congedo di maternità prevale sempre sull’integrazione salariale.

Quanto ai permessi per allattamento, è necessario che nella giornata ci siano prestazioni lavorative: quindi, spettano solo in caso di riduzione di orario, qualora coincidano con le ore di attività lavorativa. Al contrario, se ci si trova in presenza di sospensione a zero ore, prevale l’integrazione salariale.

Per le ferie, bisogna distinguere se è in atto una sospensione a zero ore o una riduzione dell’attività lavorativa. Nel primo caso, il datore può individuare il periodo di fruizione delle ferie residue e di quelle in corso di maturazione: questo periodo può essere anche posticipato al termine della sospensione del lavoro e coincidere con la ripresa dell’attività produttiva. Se l’orario è ridotto per via dell’ammortizzatore, la fruizione delle ferie segue le regole generali.

Le festività infrasettimanali non sono mai integrabili quando ricadono all’interno del periodo di integrazione salariale, e restano a carico del datore di lavoro. In caso di sospensione, la gestione cambia a seconda che il sistema retributivo preveda la paga a ore ovvero mensilizzata: in quest’ultimo caso, sono tutte integrabili nei limiti dell’orario contrattuale settimanale.

Un altro tema che si potrebbe presentare ai datori è la gestione dei permessi in base alla legge 104/1992: se è in atto la sospensione a zero ore non compete alcun giorno di permesso retribuito. Diversamente, in presenza di riduzione di orario, è necessario distinguere tra riduzione verticale dell’orario di lavoro e riduzione orizzontale. Nel primo caso, il diritto alla fruizione dei tre giorni mensili di permesso va riproporzionato a seconda dell’effettiva riduzione della prestazione lavorativa. Se la riduzione riguarda esclusivamente l’orario giornaliero di lavoro (riduzione orizzontale), resta immutato il diritto ai tre giorni mensili di permesso retribuito.

Anche per l’accesso al congedo previsto dall’articolo 42, comma 5, del Dlgs 151/2001 (per il coniuge convivente di una persona con handicap grave) è necessario differenziare le ipotesi di sospensione a zero ore dalle ipotesi di riduzione di orario: la richiesta non è attivabile in corso di sospensione, mentre durante la riduzione può essere richiesto per le ore residuali di prestazione lavorativa.

In caso di infortunio sul lavoro, prevale sempre la relativa indennità: sia nel caso che l’evento sia avvenuto precedentemente all’inizio dell’integrazione salariale con sospensione a zero ore, sia nell’ipotesi in cui si verifichi durante la residua attività lavorativa in presenza di un ammortizzatore che preveda un orario ridotto.

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