Rapporti di lavoro

Scuola-lavoro per 900mila studenti

di Claudio Tucci

A due anni dall’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro obbligatoria (almeno 400 ore negli ultimi tre anni di istituti tecnici e professionali; 200 ore nei licei) i ragazzi che hanno svolto periodi di formazione “pratica” sono saliti a oltre 900mila (la stragrande maggioranza, 873mila sono alunni delle classi terze e quarte per cui, dal 2015, progressivamente, sono entrate in vigore le nuove norme - per gli studenti di quinta si è partiti lo scorso settembre).

Le “strutture ospitanti” hanno raggiunto quota 206mila; di queste 131mila sono imprese (qui però possono essere conteggiate più volte aziende che accolgono giovani di diversi istituti). Certo, la diffusione dell’alternanza sul territorio continua a procedere a macchia di leopardo: a casi d’eccellenza registrati in Lombardia, Veneto, Piemonte, Lazio, Toscana, Liguria, Umbria; si contrappongono situazioni di maggiori criticità, specie da Roma in giù, dove, a eccezione della Puglia, la situazione resta difficile (anche per via dello scarso coinvolgimento di territori ed enti pubblici). Gli adempimenti burocratici per i datori di lavoro sono sempre molti e onerosi (ciò rappresenta un freno specie per le Pmi); e questa importante novità didattica è, purtroppo, compresa ancora poco da diverse realtà scolastiche che, nei fatti, stanno riducendo l’esperienza di alternanza a “uno spazio” dopo le lezioni; o, peggio, a “un racconto teorico”.

La prima fotografia scattata dal ministero dell’Istruzione sul secondo anno di obbligatorietà dell’alternanza scuola-lavoro (i numeri saranno oggetto di approfondimenti e dibattiti al Job&Orienta di Verona di inizio dicembre) mostrano una realtà con luci e ombre: da Eni a Intesa San Paolo, passando per Bosch, Fca, General Elettric, Poste, Zara, Dallara, Danieli, Mevis, le best practice non mancano; come il progetto «Traineeship» targato Federmeccanica (ha intercettato 5mila studenti di una cinquantina di istituti tecnici e professionali sparsi in tutt’Italia). La formazione “on the job” deve però ancora decollare, in primis nei licei; e sono molti gli oneri in capo agli imprenditori (visita medica, sicurezza e costi organizzativi). A fronte di appena 100 milioni di finanziamenti annui previsti dalla legge 107; a cui il Miur ha aggiunto i 140 milioni del Pon Scuola (sono arrivate circa 1.800 domande).

Per la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, «l’alternanza è un’innovazione didattica importante. A breve metteremo a disposizione una piattaforma per migliorare il dialogo scuola-imprese; e il 16 dicembre organizzeremo gli Stati generali dell’alternanza». L’obiettivo, ha aggiunto il sottosegretario, Gabriele Toccafondi, «è puntare su progetti condivisi e di assoluta qualità. La formazione “on the job” è scuola a tutti gli effetti e va fatta bene». In quest’ottica, «sarebbero opportune misure di accompagnamento, di formazione congiunta dei due tutor, per progettare insieme percorsi utili ai ragazzi», ha detto Sabrina De Santis, responsabile Education di Federmeccanica.

Del resto, esperienze da cui prendere spunto non mancano: «Da una ricerca condotta assieme all’Ufficio scolastico regionale - ha chiosato Chiara Manfredda, che guida l’Area Formazione e Capitale umano di Assolombarda - è emerso come tanti istituti del territorio adattino i programmi didattici per far spazio all’alternanza; e in alcuni casi si arriva a interrompere le lezioni per due/tre settimane durante le quali l’azienda sostituisce l’aula. Certo, la strada è lunga. Ma se si lavora insieme e nella stessa direzione, i risultati si vedono».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©