Previdenza

Con «quota 100» possibile uscire dall’isopensione

di Antonello Orlando

Nell’attesa del primo testo del disegno di legge di bilancio, le parole del ministro Tria (si veda «Il Sole 24 Ore» di domenica 30 settembre 3) confermano l’esigenza manifestata da molte aziende e associazioni datoriali di consentire una flessibilità in uscita dal mondo del lavoro che favorisca il ricambio del capitale umano del tessuto produttivo nazionale. Questa istanza è stata costante nella agenda del nostro legislatore. Si pensi al part time agevolato (introdotto dalla legge 208/2015) o all’Ape aziendale (varato dalla legge 232/2016) che però hanno registrato una modestissima partecipazione.

Non tutti gli esperimenti in questo ambito si sono rivelati poco fruttuosi. Accanto alla pluriennale esperienza dei fondi di solidarietà bilaterali (si pensi a quello del credito) non può essere dimenticato l’esodo con fideiussione (conosciuto anche come isopensione - articolo 4 della legge 92/2012) che è stato introdotto in modo stabile e ulteriormente potenziato dalla legge di bilancio del 2018. I datori di lavoro del settore privato con più di 15 dipendenti possono infatti, attraverso un accordo sindacale, individuare un bacino di dipendenti da accompagnare alla pensione. Il requisito cruciale è che la platea disegnata dall’accordo sia distante un massimo di sette anni (per gli accordi siglati entro il 2020 secondo quanto previsto dalla legge 205/2017) dalla pensione, sia di vecchiaia sia anticipata. Si tratta, quindi, di uno strumento di welfare ad amplissima gittata, in grado di coinvolgere dipendenti con un’età anagrafica di 60 anni o con 36 anni di contribuzione. Il recesso può essere, a seconda della forma dell’accordo, volontario o consensuale e l’azienda si impegna, con una garanzia patrimoniale solida (versamento anticipato o fideiussione), a corrispondere un trattamento pari alla pensione maturata e alla contribuzione piena per tutta la durata dello “scivolo”, garantendo così anche un aumento certo del trattamento pensionistico finale.

Le migliaia di dipendenti di grandi aziende oggi coinvolti in questo processo si interrogano sull’impatto della riforma in arrivo. Dalle parole di parte dell’Esecutivo arrivano rassicurazioni anche su questo: quota 100 si propone di essere un ingresso volontario e derogatorio rispetto ai due ingressi ordinari previsti dall’impianto Monti-Fornero (pensione di vecchiaia o anticipata). L’isopensione è geneticamente legata a questi ingressi: tuttavia chi aderisce allo scivolo non è obbligato ad attendere i requisiti di vecchiaia o anticipata se nel frattempo si rendesse un ulteriore ingresso a pensione.

L’accompagnamento aziendale, invece, è legato alla maturazione di tali - più severi - requisiti. Di modo che il dipendente che entri in isopensione nel 2019 a 62 anni e maturi il requisito di vecchiaia in cinque anni avrà, si passi la metafora, un biglietto di prima classe già staccato dal proprio ex datore di lavoro fino al capolinea dell’età pensionabile; se tuttavia dovesse, in corsa, intervenire una fermata intermedia presso un accesso derogatorio (per esempio a 62 anni in quota 100) niente impedirà al dipendente di interrompere l’isopensione e richiedere l’accesso anticipato, determinando da un lato un minor accredito contributivo per il dipendente, dall’altro un risparmio non indifferente per l’azienda.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©