Accertamento fiscale ed interruzione del termine di prescrizione dei contributi
Nel caso in cui la richiesta di pagamento di contribuzione previdenziale obbligatoria derivi dagli esiti dell'accertamento fiscale in materia di redditi d'impresa, la notifica dell'avviso di accertamento tributario costituisce atto interruttivo anche del termine prescrizionale per la riscossione dei contributi. E'questo il principio espresso dalla Sezione Lavoro della Cassazione (sentenza n. 17769 dell'8 settembre 2015) in una vicenda riguardante iscrizione a ruolo e notifica di cartella di pagamento (d.lgs. n. 46/1999) per il pagamento di contributi relativi a maggior reddito d'impresa come emerso a seguito di accertamento fiscale compiuto dall'Agenzia delle Entrate. Ai sensi dell'art. 36 bis del d.p.r. n. 600/1973, all'Agenzia delle Entrate è assegnato il compito, in sede di liquidazione delle imposte, dei contributi e premi dovuti in base al contenuto delle dichiarazioni dei redditi, di provvedere al controllo formale e sostanziale dei datti in esse contenuti. Per motivi di economia generale, e in simmetria con il processo di unificazione dei criteri di determinazione delle basi imponibili fiscale e previdenziale, nonché dei relativi processi di accertamento, riscossione e anche contenzioso, l'art. 1 del d.lgs. n. 462/1997 dispone che si debba applicare la normativa prevista in materia di imposte sui redditi anche alla liquidazione, accertamento e riscossione dei contributi (e premi) previdenziali obbligatori che devono essere determinati nella dichiarazione dei redditi. Dunque, a partire dal 1999 (redditi 1998) l'Agenzia delle Entrate effettua gli accertamenti formali sulle dichiarazioni dei contribuenti e ha il potere di chiedere direttamente il pagamento dei contributi e/o premi non versati, poi trasmettendo all'INPS le risultanze dell'accertamento stesso, per le successive attività di formazione dell'atto impositivo (iscrizione a ruolo, con successiva cartella di pagamento e, dal 2011, avviso di addebito: art. 30 d.l. n. 78 del 2010). In altre parole, quando accerti una base reddituale imponibile superiore a quella utilizzata dal contribuente, l'Agenzia delle Entrate ricalcola essa stessa anche la maggior contribuzione dovuta alla gestione commercianti e l'INPS successivamente emette l'avviso di addebito per l'importo così calcolato e le relative sanzioni senza intervenire in alcun modo nella determinazione del suo ammontare. L'emersione solo a seguito di accertamento fiscale del maggior reddito dovuto e quindi del maggior importo della contribuzione da versare (rispetto a quanto indicato nel quadro RR della dichiarazione, oltre naturalmente a quanto già versato secondo il minimale) e il passaggio del tempo necessario per la trasmissione degli atti all'INPS, e per la formazione e notifica del titolo stargiudiziale, hanno di fatto indotto i contribuenti a sollevare l'eccezione di prescrizione della contribuzione dovuta, il cui termine è fissato in cinque anni decorrenti dalla scadenza del termine per l'adempimento dell'obbligo contributivo (art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335/1995). Sul punto, la giurisprudenza di merito aveva generalmente ritenuto che l'atto di accertamento notificato dall'Agenzia delle Entrate e contenente anche l'indicazione dell'obbligo contributivo non adempiuto, al netto dei più precisi calcoli anche in termini di sanzioni da parte dell'ente prevbidenziale, comportasse l'interruzione del termine prescizionale anche per il pagamento dei contributi, nonostante la provenienza da un soggetto formalmente diverso rispetto al creditore. La Cassazione, con questa pronuncia che, a quanto consta è la prima ad affermarlo esplicitamente, ribadisce questo principio, alla luce dei compiti che la legge ha assegnato all'Agenzia delle Entrate in materia di accertamento anche dell'obbligo contributivo quando sia emerso un maggior importo dovuto a livello fiscale. Del resto, che vi fosse una reciproca interazione tra atti di accertamento dell'obbligo previdenziale e atti di recupero della contribuzione previdenziale era chiaro nella stessa giurisprudenza che da tempo aveva equiparato, questa volta in favore del contribuente, quale condizione impeditiva per l'iscrizione a ruolo del debito contributivo, non solo l'impugnazione dell'accertamento eseguito dall'ente previdenziale, ma anche la contestazione dell'accertamento operato da altro ufficio pubblico, come l'Agenzia delle Entrate, senza la necessità che di tale circostanza peraltro l'INPS fosse esplicitamente avvertito al fine di escludere la sua responsabilità (cfr. Cass. n. 8379/2014 e n. 8451/2014)