Cosa insegna Rigopiano agli Hr manager, alcuni consigli operativi
Quando avvengono gravi catastrofi si è sempre alla ricerca delle responsabilità, dei buchi nel sistema dei soccorsi o degli allarmi, di quello che si sarebbe potuto fare, e non è stato fatto, per prevenire il disastro.
Ovviamente incide molto l'effetto mediatico. Un fatto tragico qual è quello di Rigopiano, con decine di persone coinvolte, ha molta più rilevanza dello stillicidio di vittime sul lavoro che ogni anno il nostro paese deve contare, e quindi serve il "colpevole", che in qualche modo aiuta anche a scaricarsi la coscienza che, tanto, se non fosse stato per le sue negligenze non sarebbe successo niente. E a non pensare a tutte le piccole omissioni nella catena della sicurezza che ci vedono responsabili.
Mentre chiunque si occupi di sicurezza sa che la sicurezza è processo quotidiano, continuo e fatto anche di piccole cose, che spesso sono più efficaci di grandi interventi. La sicurezza è un mix di interventi tecnici e di cultura, di prevenzione e formazione, di controllo e di personale presa di coscienza del problema.
Proprio il caso del terremoto di questi giorni può servire da lezione, una lezione di cui anche avremmo volentieri fatto a meno, per migliorare la sicurezza sui luoghi di lavoro.
Per esempio quante aziende hanno valutato nel proprio Dvr il rischio sismico?
Quante aziende hanno individuato un luogo sicuro dove far concentrare i propri dipendenti in caso di terremoto? Nei paesi ad alto rischio sismico (un esempio per tutti in Perù) tutti i locali pubblici, gli uffici, i luoghi dove comunque vi è concentramento di persone hanno indicato in modo chiaro il "luogo sicuro in caso di sisma". Si tratta di una trave particolarmente solida, di una colonna portante in cemento armato, qualsiasi zona strutturalmente resistente che ogni costruzione ha al suo interno. Si tratta di un piccolo accorgimento però molto utile in caso di danni, anche gravi, all'edificio, che non lascia chi si trova coinvolto in un terremoto, e quindi già in stato di stress se non di shock, alla ricerca del luogo dove ripararsi con il rischio di commettere fatali errori di valutazione.
Ma Rigopiano ci insegna anche che non sapere chi si trova in azienda può avere conseguenze drammatiche sul piano dei soccorsi e che il controllo degli accessi assume una grande importanza nella eventuale fase di recupero dei dispersi, come accaduto con il cameriere senegalese dell'albergo abruzzese che nessuno cercava. Moltissime aziende registrano gli accessi e le uscite dei visitatori, ma quanti di quei registri sarebbero accessibili ai soccorritori in caso di crollo dell'immobile? Non dovrebbero forse essere salvati in cloud in modo da consentire un rapido monitoraggio delle potenziali vittime del crollo?
E ancora, quante aziende hanno lasciato in luogo sicuro ed accessibile (il consulente del lavoro, l'avvocato, il responsabile esterno della sicurezza) una piantina dettagliata dell'immobile con le postazioni di lavoro, i luoghi sicuri, le strutture? Anche questo è un piccolo accorgimento che può fare la differenza tra una azione di soccorso efficace e una perdita di tempo dalle conseguenze drammatiche.
Nel mondo dei social network 7/7-H24 è stata aperta una chat di whatsapp con tutti i dipendenti da utilizzare solo in caso di emergenza, anche solo per controllare immediatamente che è fuori pericolo? Con precise istruzioni sul suo utilizzo? Peraltro si tratterebbe di un strumento utile anche in caso di incendio, attacco terroristico, alluvione o altre catastrofi naturali e no.
Ovviamente altre piccole o grandi azioni possono essere intraprese in funzione della singola realtà, l'importante è che imparando anche dagli errori degli altri non ci si si limiti a imprecare contro la fatalità, ma si pongano in essere tutte le misure necessarie, anche imparando dagli errori degli altri.