I tirocini crescono oltre il 200%. Uno su due diventa un impiego
Dopo la caduta del 2020, nel secondo trimestre del 2021, ci sono state 90mila attivazioni di tirocini extracurriculari, ben 62mila in più rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente (+227,3%), tornando ai livelli pre Covid. Il 74,3% delle attivazioni (66mila circa), è concentrato nei Servizi (+211,2% sullo stesso trimestre del 2020), mentre l’Industria con poco più di 21mila attivazioni rappresenta il 23,9% dei tirocini avviati (+291,2%) e l’Agricoltura assorbe solo l’1,8% (+215,7%).
La maggior parte dei tirocini ha coinvolto disoccupati o inoccupati (75,2%), mentre l’11,3% ha riguardato chi ha completato da non più di 12 mesi i percorsi di istruzione secondaria superiore e terziaria, il 13,5% persone fragili. Allargando lo sguardo al periodo tra il 2017 e il 2020, sono cessati 1 milione 315mila tirocini. Per il 55,7% di questi (733 mila), entro sei mesi dalla conclusione del tirocinio è stato attivato almeno un rapporto di lavoro, che nel 31,5% dei casi (414mila) è con lo stesso datore di lavoro presso il quale è stato svolto il tirocinio. A 180 giorni dal termine dei tirocini, nel 25,6% dei casi (337mila) è in essere un rapporto di lavoro, di cui 238mila (il 18,1% dei tirocini conclusi) con lo stesso datore. La percentuale di attivazioni è più alta per i tirocini svolti da soggetti tra 25 e 34 anni (61,2% del totale) e diminuisce al crescere dell’età del tirocinante, passando dal 45,2% (per tirocini effettuati da persone d’età tra 35 e 44 anni) all’8% (per gli ultrasessantaquattrenni).
La prima attivazione di un rapporto entro sei mesi dalla conclusione del tirocinio avviene con un contratto a termine (50,8% del totale) o con l’apprendistato (33%). I contratti a tempo indeterminato costituiscono il 10,7%. Inoltre la possibilità di impiego è più alta per i tirocini che hanno una durata maggiore: la percentuale di rapporti attivati sui tirocini conclusi è più elevata per quelli che hanno avuto una durata compresa tra 181 e 365 giorni, in questo caso per la metà dei tirocini svolti, già dopo 40 giorni si registra almeno un’attivazione di un rapporto di lavoro.
Fin qui i dati delle comunicazioni obbligatorie. Ma passando alle offerte, sono numerosi gli abusi che il professor Michele Tiraboschi (coordinatore scientifico di Adapt) ha segnalato, nel lavoro di analisi dei portali regionali o di Garanzia giovani che svolge da anni, denunciando l’uso improprio dello stage: si va da un tirocinio per addetto alle “mansioni di segreteria” in provincia di Bari, o per un “banconiere per bar” a Bologna, o per un “manovale edile” in un cantiere di Cava Dè Tirreni. Sempre in Campania, si offre uno stage di sei mesi per “addetto al distributore di benzina, gas e nafta” a Reino o per i “servizi di pulizia di uffici ed esercizi commerciali” a Castel Morrone. Il tirocinio extracurriculare consiste in un periodo di orientamento all’inserimento o reinserimento lavorativo e di formazione che, non configurandosi come un rapporto di lavoro, serve a preparare l’ingresso nell’occupazione. Questi tirocini (svolti fuori dalla scuola) sono rivolti a disoccupati, inoccupati, giovani che hanno terminato il percorso formativo, soggetti disabili o svantaggiati. A differenza del tirocinio curriculare, svolto gratuitamente mentre si studia, quello extracurriculare prevede un’indennità mensile che varia a seconda delle regioni (generalmente l’importo è compreso tra 400 e 800 euro al mese). Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando intende cancellare i tirocini gratuiti, che considera «una forma di sfruttamento» dei giovani
«Scorrendo gli annunci dei portali regionali - spiega Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione Adapt - emerge un fenomeno diffuso, quello della sostituzione gratuita di personale, sfruttando gli incentivi di Garanzia giovani che paga l’indennità. Non a caso il boom di tirocini si è registrato con l’avvio di Garanzia giovani. In tanti annunci non si evince l’esistenza di un progetto formativo serio o che ci sia intenzione di attivarli. Invece di ricorrere ad un contratto di lavoro, pagando contributi, e tutti gli istituti tipici (tfr, tredicesima), si offrono tirocini spesso a persone già con competenze, che è una contraddizione, o per lavori per cui non c’è componente formativa, o per cui sono richieste competenze basse». Per Seghezzi «l’uso improprio del tirocinio impatta sul mancato decollo dell’apprendistato, che è accompagnato da oneri burocratici e amministrativi propri di un contratto di lavoro che richiedono sforzo organizzativo non banale», per superare questo problema «soprattutto le Pmi andrebbero aiutate ad esempio dalle università, a redigere i piani formativi, magari attraverso strumenti come i voucher».