Contrattazione

I tirocini crescono oltre il 200%. Uno su due diventa un impiego

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

Dopo la caduta del 2020, nel secondo trimestre del 2021, ci sono state 90mila attivazioni di tirocini extracurriculari, ben 62mila in più rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente (+227,3%), tornando ai livelli pre Covid. Il 74,3% delle attivazioni (66mila circa), è concentrato nei Servizi (+211,2% sullo stesso trimestre del 2020), mentre l’Industria con poco più di 21mila attivazioni rappresenta il 23,9% dei tirocini avviati (+291,2%) e l’Agricoltura assorbe solo l’1,8% (+215,7%).

La maggior parte dei tirocini ha coinvolto disoccupati o inoccupati (75,2%), mentre l’11,3% ha riguardato chi ha completato da non più di 12 mesi i percorsi di istruzione secondaria superiore e terziaria, il 13,5% persone fragili. Allargando lo sguardo al periodo tra il 2017 e il 2020, sono cessati 1 milione 315mila tirocini. Per il 55,7% di questi (733 mila), entro sei mesi dalla conclusione del tirocinio è stato attivato almeno un rapporto di lavoro, che nel 31,5% dei casi (414mila) è con lo stesso datore di lavoro presso il quale è stato svolto il tirocinio. A 180 giorni dal termine dei tirocini, nel 25,6% dei casi (337mila) è in essere un rapporto di lavoro, di cui 238mila (il 18,1% dei tirocini conclusi) con lo stesso datore. La percentuale di attivazioni è più alta per i tirocini svolti da soggetti tra 25 e 34 anni (61,2% del totale) e diminuisce al crescere dell’età del tirocinante, passando dal 45,2% (per tirocini effettuati da persone d’età tra 35 e 44 anni) all’8% (per gli ultrasessantaquattrenni).

La prima attivazione di un rapporto entro sei mesi dalla conclusione del tirocinio avviene con un contratto a termine (50,8% del totale) o con l’apprendistato (33%). I contratti a tempo indeterminato costituiscono il 10,7%. Inoltre la possibilità di impiego è più alta per i tirocini che hanno una durata maggiore: la percentuale di rapporti attivati sui tirocini conclusi è più elevata per quelli che hanno avuto una durata compresa tra 181 e 365 giorni, in questo caso per la metà dei tirocini svolti, già dopo 40 giorni si registra almeno un’attivazione di un rapporto di lavoro.

Fin qui i dati delle comunicazioni obbligatorie. Ma passando alle offerte, sono numerosi gli abusi che il professor Michele Tiraboschi (coordinatore scientifico di Adapt) ha segnalato, nel lavoro di analisi dei portali regionali o di Garanzia giovani che svolge da anni, denunciando l’uso improprio dello stage: si va da un tirocinio per addetto alle “mansioni di segreteria” in provincia di Bari, o per un “banconiere per bar” a Bologna, o per un “manovale edile” in un cantiere di Cava Dè Tirreni. Sempre in Campania, si offre uno stage di sei mesi per “addetto al distributore di benzina, gas e nafta” a Reino o per i “servizi di pulizia di uffici ed esercizi commerciali” a Castel Morrone. Il tirocinio extracurriculare consiste in un periodo di orientamento all’inserimento o reinserimento lavorativo e di formazione che, non configurandosi come un rapporto di lavoro, serve a preparare l’ingresso nell’occupazione. Questi tirocini (svolti fuori dalla scuola) sono rivolti a disoccupati, inoccupati, giovani che hanno terminato il percorso formativo, soggetti disabili o svantaggiati. A differenza del tirocinio curriculare, svolto gratuitamente mentre si studia, quello extracurriculare prevede un’indennità mensile che varia a seconda delle regioni (generalmente l’importo è compreso tra 400 e 800 euro al mese). Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando intende cancellare i tirocini gratuiti, che considera «una forma di sfruttamento» dei giovani

«Scorrendo gli annunci dei portali regionali - spiega Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione Adapt - emerge un fenomeno diffuso, quello della sostituzione gratuita di personale, sfruttando gli incentivi di Garanzia giovani che paga l’indennità. Non a caso il boom di tirocini si è registrato con l’avvio di Garanzia giovani. In tanti annunci non si evince l’esistenza di un progetto formativo serio o che ci sia intenzione di attivarli. Invece di ricorrere ad un contratto di lavoro, pagando contributi, e tutti gli istituti tipici (tfr, tredicesima), si offrono tirocini spesso a persone già con competenze, che è una contraddizione, o per lavori per cui non c’è componente formativa, o per cui sono richieste competenze basse». Per Seghezzi «l’uso improprio del tirocinio impatta sul mancato decollo dell’apprendistato, che è accompagnato da oneri burocratici e amministrativi propri di un contratto di lavoro che richiedono sforzo organizzativo non banale», per superare questo problema «soprattutto le Pmi andrebbero aiutate ad esempio dalle università, a redigere i piani formativi, magari attraverso strumenti come i voucher».

Sotto la lente

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