Lavoro durante cigo
L’art. 8, comma 2 prevede che il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate. Tale disposizione non è dissimile da quella recata dall’art. 3 del D.Lgs.Lgt. n. 788/1945 ed è sostanzialmente identica all’art. 8, comma 4, del D.L. n. 86/1988 - convertito dalla legge n. 160/1988 – sulla regolamentazione dell’eventuale attività di lavoro subordinato (o autonomo) dei lavoratori che si trovino in cassa integrazione guadagni. Alla disposizione del 1945, secondo cui l’integrazione salariale non sarà (…) corrisposta a quei lavoratori che durante le giornate di riduzione del lavoro si dedichino ad altre attività remunerate”, ha fatto seguito quella del 1988 a mente della quale il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate”. Seppure entrambi i richiamati articoli siano stati abrogati dall’art. 46 del D.Lgs. n. 148/2015, come precisato dall’INPS con circolare n. 130/2010 il combinato disposto di tali norme non sancisce una incompatibilità assoluta delle prestazioni integrative del salario con il reddito derivante dallo svolgimento di un’attività lavorativa sia essa autonoma che subordinata. Questa prassi aveva fatto proprio un consolidato orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte a mente del quale l’art. 3 del D.Lgs.Lgt. n. 788/1945 deve essere interpretato “nel senso che lo svolgimento di attività lavorativa remunerata, sia essa subordinata od autonoma, durante il periodo di sospensione del lavoro con diritto all’integrazione salariale non comporta la perdita del diritto all’integrazione per l’intero periodo predetto ma solo una riduzione dell’integrazione medesima in proporzione ai proventi di quell’altra attività lavorativa”, fatti salvi gli obblighi di comunicazione a cui è sottoposto il lavoratore, assolti con gli adempimenti a carico dei datori di lavoro e delle imprese fornitrici di lavoro temporaneo, ex art. 4-bis, D.Lgs. n. 181/2000. In base alla sostanziale coincidenza testuale dell’art. 8, comma 2, del D.Lgs. n. 148/2015 con le abrogate disposizioni del 1945 e del 1988 l’INPS, con la circolare n. 197/2015, ha richiamo come valido l’orientamento già espresso con la circolare n. 130/2010, per quanto previsto in materia di cumulabilità tra il reddito percepito con la nuova attività lavorativa e l’integrazione salariale. Dal dettato normativo non risultano evidenti ragioni che escludano la possibilità della nuova attività di lavoro dipendente a termine anche in un’azienda che faccia riferimento ad assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quella presso la quale è incorso il trattamento salariale, da cui dipende il lavoratore. Tale schermo è posto per evitare la fruizione di agevolazioni contributive nell’ambito di aziende tra loro “vicine”, cosa del tutto diversa al caso che ci occupa. Si ritiene quindi che il lavoratore possa validamente operare, in costanza di cassa integrazione, in altra azienda il cui capitale sia detenuto dagli stessi soci di quella in cui si registra la contrazione di orario indipendentemente da chi abbia assunto la legale rappresentanza delle due entità.
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