Contenzioso

Legittima l’incumulabilità della pensione Quota 100 con i redditi da lavoro dipendente

Semaforo rosso della Consulta alla possibile di cumulare l’assegno con redditi da lavoro intermittente

di Silvano Imbriaci

È giunta all'attenzione della Corte costituzionale 24 novembre 2022, n. 234 la valutazione della legittimità della disciplina che vieta il cumulo tra la pensione anticipata maturata per aver raggiunto la cosiddetta "quota 100" – a far tempo dal primo giorno di decorrenza della pensione e fino alla data di maturazione dei requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia – con i redditi da lavoro dipendente, qualunque sia il relativo ammontare, laddove invece è consentito il cumulo con i redditi da lavoro autonomo occasionale entro il limite di 5mila euro lordi annui (articolo 14, comma 3, del Dl 4/2019 -Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni- convertito, con modificazioni, nella legge 26 del 28 marzo 2019). Nel caso di specie, la questione riguardava prestazioni di lavoro intermittente, senza obbligo di disponibilità, comunque con redditi inferiori a 5mila euro.

Secondo l'ordinanza di rimessione, la violazione del divieto di cumulo dovrebbe imporre all'Istituto di procedere solamente alla decurtazione della pensione in misura corrispondente ai redditi percepiti, e non per l'intero anno solare, con evidenti situazioni di disparità con il lavoratore occasionale al di sotto della soglia dei 5mila euro di reddito, che comunque manterrebbe il diritto all'intero trattamento pensionistico.

Secondo la Corte costituzionale la questione non è fondata, a fronte della ratio alla base della normativa introdotta in punto di divieto di cumulo. Una volta scelta questa opzione favorevole, di accesso al trattamento pensionistico anticipato, logica vuole che il lavoratore esca dal mercato del lavoro per ragioni che attengono alla sostenibilità della spesa previdenziale e alla necessità di un ricambio generazionale.

Infatti, la questione effettivamente rilevante è quella, in realtà, della soglia dei 5mila euro, più che dell'importo della decurtazione, proprio perché quest'ultimo tema è in contrasto con la natura della provvidenza. Mentre il lavoro occasionale, prestato senza vincolo di subordinazione, remunerato entro la soglia massima di 5mila euro lordi annui è cumulabile con il trattamento pensionistico, non lo è il lavoro intermittente, anche nel caso in cui non vi sia alcun obbligo di disponibilità nel rispondere alla chiamata del datore di lavoro. Tuttavia, la diversa regolamentazione tra le due fattispecie, secondo la Corte, ha una sua ragion d'essere ben precisa.

Il lavoro intermittente deve essere ricondotto all'ampia categoria del lavoro flessibile, che ha la funzione di contemperare le esigenze del datore di lavoro di una certa libertà nelle sue scelte organizzative e della dignità del lavoratore nella compatibilità di tempi tra lavoro e vita privata. In ogni caso, in questo tipo di rapporto è comunque presente l'eterodirezione, che invece è completamente assente nel lavoro autonomo occasionale. Dunque, mentre al lavoro intermittente, proprio perché subordinato, si accompagna l'obbligo di contribuzione, mentre così non accade per il lavoro autonomo occasionale produttivo di redditi entro la soglia massima dei 5mila euro lordi annui (articoli 44, comma 2, del Dl 269/2003, come convertito). L'assenza di omogeneità fra le prestazioni di lavoro esaminate porta alla conclusione che non è violato il principio di eguaglianza, secondo la prospettazione della Consulta, anche se poi in fatto il diverso trattamento può apparire come effettivamente sproporzionato.

Tuttavia, la percezione da parte del pensionato di redditi da lavoro, qualunque ne sia l'entità, costituisce elemento fattuale che contraddice il presupposto richiesto dal legislatore per usufruire di tale favorevole trattamento pensionistico anticipato (cfr. Corte costituzionale 194 del 2021), e mette a rischio l'obiettivo occupazionale. Invece, il lavoro autonomo occasionale, per la sua natura residuale, non incide in modo diretto e significativo sulle dinamiche occupazionali, né su quelle previdenziali e si differenzia per questo dal lavoro subordinato, sia pure nella modalità flessibile del lavoro intermittente. Da qui la legittimità delle differente valorizzazione del requisito reddituale in ordine alla disciplina anticumulo.

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