Nuovo regime forfettario, doppio binario fiscale e contributivo
Oltre a innalzare a 85 mila euro la soglia di ricavi che consente di applicare l'imposta del 15%, il Ddl di Bilancio 2023 prevede l’immediata cessazione del regime agevolato ove sia superata la soglia dei ricavi di 100mila euro. La modifica non sembra incidere però sulla cessazione del regime contributivo
In tema di regime forfettario il disegno di legge di Bilancio 2023 all’esame del Parlamento prevede, oltre all'innalzamento a 85 mila euro (dagli attuali 65 mila) della soglia di ricavi e compensi che consente di applicare un'imposta forfettaria del 15 per cento sostitutiva delle imposte ordinarie, anche la immediata cessazione del regime (quindi anche nel corso dello stesso anno) ove sia superata la soglia dei ricavi e dei compensi di 100 mila euro.
È interessante notare come la modifica in discussione (periodo aggiunto al comma 71 dell’unico articolo della legge di stabilità per il 2015), non sembra incidere sulla cessazione del regime contributivo agevolato regolata autonomamente dal successivo comma 82. In base alla attuale formulazione della legge di bilancio, a tale ultimo regime (articolo 1 legge 190/2014 comma 77-84) potranno accedere nel 2023 i contribuenti che nell'anno precedente avranno contemporaneamente conseguito ricavi o percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 85.000 euro (nuovo limite) e sostenuto spese di lavoro per un importo complessivo non superiore a 20.000 euro lordi. All'eventuale superamento della soglia dei 100 mila euro nel corso dell'anno si verificherà, pertanto, un duplice trattamento. Sotto il profilo fiscale il soggetto che si trova in regime forfetario tornerà immediatamente al regime ordinario mentre sotto il profilo previdenziale continuerà a godere delle relative agevolazioni, ossia la riduzione del 35% sul contributo complessivo, riferito sia al minimale di reddito che all'eventuale parte di reddito eccedente il minimale. Un trattamento differenziato che non sembra rispondere a criteri logici e forse frutto di un imperfetto coordinamento normativo.
Circa le condizioni che, a partire dall'anno successivo, determinano l'uscita dal regime contributivo semplificato, la circolare Inps 29/2015 (le cui indicazioni si considerano ancora attuali) ha precisato che l'uscita (con la conseguente preclusione di ogni ulteriore possibilità di accesso al beneficio) si può verificare in tre ipotesi: a) il venir meno dei requisiti che hanno consentito l'applicazione del beneficio; b) la scelta del contribuente, a prescindere da qualsivoglia motivazione, di abbandonare il regime agevolato; c) la comunicazione all'Istituto da parte dell'Agenzia delle Entrate in ordine al fatto che il contribuente non ha mai aderito al regime forfetario, oppure non ha mai avuto i requisiti per aderire.
Si ricorda che il regime previdenziale agevolato si applicherà nel 2023 ai soggetti già beneficiari del regime agevolato fiscale e previdenziale nel 2022 che, ove permangano i requisiti di agevolazione fiscale, non abbiano prodotto espressa rinuncia (da presentare entro il 28 febbraio prossimo).
I soggetti che iniziano una nuova attività nel 2022, per la quale intendono aderire al regime agevolato, devono comunicare tale volontà all'Inps con la massima tempestività. Ai fini dell'accredito della contribuzione versata, si applica l'artucolo 2, comma. 29 della legge 8 agosto 1995, n. 335, in base al quale il pagamento di un importo pari al contributo calcolato sul minimale di reddito, attribuisce il diritto all'accreditamento di tutti i contributi mensili relativi a ciascun anno solare cui si riferisce il pagamento.
Pertanto nel caso in cui l'importo complessivamente versato risulti inferiore all'importo ordinario della contribuzione dovuta sul minimale di reddito, verrà accreditato un numero di mesi proporzionale a quanto versato. Ai fini dell'accredito di 12 mesi di contribuzione, dunque, dovrà essere versata una somma pari all'importo del contributo dovuto sul minimale. Ove venga effettuato un versamento corrispondente al contributo calcolato sul minimale ordinario ma inferiore rispetto al dovuto, si procederà al recupero della differenza, nel rispetto del limite del 65%.