Politiche attive

Sfida riqualificazione per i titolari di Reddito di cittadinanza

La durata scende a sette mesi tra i 18 e i 59 anni

di Gianni Bocchieri

Gli interventi della legge di bilancio sulla disciplina del Reddito di cittadinanza sono finalizzati a rafforzarne la valenza di politica attiva per la collocazione o la ricollocazione nel mercato del lavoro, in vista della già annunciata abrogazione dal 1° gennaio 2024.

Le principali riguardano i percettori tra i 18 e i 59 anni, non frequentanti un regolare corso di studio e non occupati, già tenuti a rilasciare la dichiarazione d’immediata disponibilità al lavoro e all’adesione a un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale attraverso l’esecuzione di attività al servizio della comunità, il completamento degli studi, la riqualificazione professionale e altri impegni stabiliti coi servizi all’impiego e quelli sociali.

Per costoro si prevede la decadenza del loro nucleo familiare dal beneficio del reddito in caso di mancata partecipazione a corsi di formazione o riqualificazione professionale della durata minima di 6 mesi. Ai fini del controllo di questo adempimento le Regioni dovranno trasmettere all’Anpal gli elenchi di chi non rispetta l’obbligo di frequenza. Per questi stessi percettori è prevista anche la decadenza dal reddito al primo rifiuto di un’offerta di lavoro, anziché dopo il rifiuto della seconda come previsto fino al 2022. Secondo la lettura sistematica delle nuove previsioni normative, l’offerta di lavoro deve comunque essere “congrua”, in base a quanto previsto dalla disciplina dei servizi all’impiego e delle politiche attive del lavoro (articolo 25 del Dlgs 150/2015). Infine, per i beneficiari tra i 18 e i 59 anni la durata del reddito di cittadinanza nel 2023 è ridotta a 7 mensilità dai 18 mesi precedenti.

Tutte queste novità non si applicano però a questa stessa platea anagrafica di percettori se nel loro nucleo familiare siano presenti minori o persone con disabilità.

Un’altra novità riguarda i beneficiari tra i 18 e i 29 anni che non hanno adempiuto all’obbligo d’istruzione, ossia non hanno frequentato percorsi di istruzione e formazione per almeno 10 anni. Per loro la fruizione del reddito è ora subordinata all’iscrizione e alla frequenza di percorsi di istruzione funzionali all’assolvimento dell’obbligo stesso, erogati dai centri provinciali per l’istruzione degli adulti secondo modalità definite con protocollo tra il ministero dell’Istruzione e quello del Lavoro.

In una logica premiale d’incentivazione ad accettare offerte di lavoro, il mantenimento del reddito è compatibile con la stipula di contratti di lavoro stagionale o intermittente, i cui redditi saranno esclusi dalla determinazione del beneficio economico dello stesso reddito nel limite massimo di 3mila euro lordi annui.

Segue invece la logica di garantirne la sua prevista destinazione, la nuova previsione secondo cui la componente di reddito di cittadinanza destinata al pagamento dell’affitto della casa in cui abita il nucleo beneficiario, fino ad un massimo di 3.360 euro annui, va erogata direttamente al locatore dell’immobile risultante dal contratto di locazione, secondo modalità definite con apposito decreto del Lavoro, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.

L’ultima novità riguarda la disciplina dei progetti utili alla collettività (Puc), che dovranno coinvolgere unicamente beneficiari di reddito sottoscrittori del Patto per l’inclusione sociale, anziché solo un terzo come previsto prima.

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