Adempimenti

Torna l’assegno di ricollocazione anche per i disoccupati in Naspi

immagine non disponibile

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

Il governo è pronto a ripristinare l’assegno di ricollocazione per i disoccupati che da almeno 4 mesi percepiscono la Naspi (la nuova indennità di disoccupazione, ndr). Queste persone, quindi, potranno rivolgersi ad un centro per l’impiego o un’agenzia per il lavoro privata accreditata per ottenere servizi di assistenza personalizzata per la ricerca di un’occupazione, che saranno remunerati a contratto di lavoro firmato, in base al tipo di rapporto e alla difficoltà di inserimento lavorativo del disoccupato (attualmente l’importo del voucher varia da 250 a 5mila euro).

La novità, che parte con una dote iniziale di 2-300 milioni di euro, viene illustrata oggi al tavolo sulle politiche attive, convocato la scorsa settimana dal ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, dal ministero dell’Economia e dall’Anpal che vedranno la mattina i sindacati e il pomeriggio le associazioni datoriali.

L’obiettivo del governo è quello di rendere lo strumento operativo da gennaio, correggendo così l’impostazione del precedente esecutivo “giallo-verde” che aveva invece escluso la possibilità per i disoccupati di utilizzare l’assegno di ricollocazione, riservandolo ai soli percettori del reddito di cittadinanza, per i quali, come ampiamente pronosticato, si è rivelato pressoché inutile (a oggi, complice anche le chiusure dei Cpi per l’emergenza coronaviorus, l’Anpal non è in grado di fornire dati sull’utilizzo dell’assegno nei centri per l’impiego).

Il ministro Catalfo punta anche al rafforzamento della Naspi, eliminando il decalage che scatta dal 4 mese, quantomeno per chi partecipa ai programmi di politiche attive, con incentivi per le imprese che assumono personale uscito dal lavoro, ma formato e riqualificato.

«C’è anzitutto un grande problema di riqualificazione delle competenze di chi è in Naspi o in cassa integrazione per cessazione e non può certo aspettare che termini il sussidio per riqualificarsi - spiega la sottosegretaria al Lavoro, Francesca Puglisi (Pd) -. Bisogna puntare sui profili più innovativi richiesti dalle imprese, per sostenere la transizione ecologica o digitale. Per fare tutto ciò non basta rafforzare i centri per l’impiego. Serve una vera integrazione tra la rete pubblica dei Cpi e le agenzie private. Va riformato l’assegno di ricollocazione, fin qui scarsamente usato, destinarlo ai percettori di Naspi e ai cassintegrati, rendendolo obbligatorio. L’assegno deve prevedere una quota per la formazione e per la riqualificazione delle competenze».

Per rendere l’assegno di ricollocazione uno strumento più “appetibile” per le agenzie private accreditate, Puglisi propone una modifica: «È giusto premiare il risultato - aggiunge la sottosegretaria - dunque la quota di importo prevalente va erogata a contratto stipulato, ma va remunerato anche il costo del processo, riconoscendo un corrispettivo economico che serva a coprire il servizio di orientamento e accompagnamento al lavoro. Altrimenti si corre il rischio che nessun operatore privato voglia impegnarsi nelle aree più difficili del Paese e tra le fasce di età più difficili da collocare».

Al tavolo con le parti sociali oggi si parlerà anche della “condizionalità”, rimasta “congelata” da marzo a luglio, ma ora nuovamente in vigore, con un preciso impegno a renderla più stringente, per far sì che il lavoratore si impegni davvero in percorsi di politica attiva, mentre fruisce del sussidio, e in caso contrario subisca delle penalizzazioni economiche certe. L’idea di fondo, spiegano fondi di governo, è quella di cominciare con formazione e riqualificazione dei lavoratori già durante la fase di politiche passive, senza perdere tempo, con l’auspicio di ridurre la durata della disoccupazione.

Questo tema si incrocia con l’altro grande nodo da sciogliere, ovvero la riforma degli ammortizzatori sociali, ancora troppo sbilanciati sulle politiche passive. Il ministro Catalfo intende introdurre un unico strumento universale che copra tutti i lavoratori e venga differenziato a seconda della dimensione dell’azienda. L’intenzione è quella di superare gli attuali strumenti in deroga, per assicurare una copertura anche alle aziende da 1 a 5 dipendenti che stanno beneficiando della cassa Covid-19. Ma per far rientrare tutti i settori in un sistema “ordinario” di ammortizzatori, si dovrà affrontare il tema della graduale introduzione di meccanismi di copertura economica anche a carico delle imprese finora escluse, se non si vorrà gravare solo sulla fiscalità generale, o sulle imprese che già pagano.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©