Rapporti di lavoro

La terza via tra articolo 18 e tutele crescenti

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di Matteo Prioschi

Quale conseguenza del contratto a tutele crescenti il governo si attende centinaia di migliaia di assunzioni, anche grazie all’effetto combinato delle nuove regole con lo sgravio contributivo introdotto dalla legge di stabilità 2015. Secondo quanto comunicato ieri dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, nei primi 20 giorni di febbraio 76mila aziende hanno richiesto il codice per fruire dell’agevolazione, numero a cui corrispondono, secondo la Fondazione studi dei consulenti del lavoro, 275.000 assunzioni a tempo indeterminato, che però, nell’80% dei casi sono stabilizzazioni di un rapporto di lavoro precario.

A fronte di questi dati, il mercato del lavoro sta registrando anche i primi segni di una scarsa propensione alla mobilità da parte di chi, oggi tutelato dall’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, cambiando impiego verrebbe assunto con un contratto a tutele crescenti, anche se magari ha alle spalle decenni di attività. L’omogeneizzazione delle regole, quindi, come era previsto, richiederà tempi lunghi e per diversi anni convivranno contratti differenti e lavoratori con tutele diverse.

Ma si potrebbe delineare anche una terza opzione. In alcuni casi, infatti, i lavoratori con una posizione forte sul mercato, perché richiesti dalle aziende per le loro competenze, per accettare una nuova offerta di impiego hanno iniziato a chiedere quale “benefit” il riconoscimento di condizioni analoghe a quelle previste dall’articolo 18. Così tra una tutela “forte” prevista per legge dall’articolo 18, e una meno forte introdotta dal contratto a tutele crescenti, potrebbe diffondersi una tutela personalizzata, basata sulla forza contrattuale del lavoratore. Un effetto forse imprevisto della riforma introdotta dal governo Renzi, che punta, tra le altre cose, alla semplificazione delle forme contrattuali e alla riduzione delle incertezze in caso di licenziamento.

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