Rapporti di lavoro

Tutele crescenti prima incognita del Jobs Act

di Adriano Moraglio


Il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti sarà davvero più favorevole per le imprese rispetto all’utilizzo delle forme contrattuali più usate oggi, dai cocopro al tempo determinato? Una sfida «seppur a tutele crescenti, che con tutte le rigidità che si porterà dietro (di costi, di normative, di applicazione dei contratti collettivi) il contratto a tempo indeterminato potrebbe anche rischiare di non vincere». Il rischio, inquietante rispetto ai risvolti che il Jobs Act, su questo preciso punto, potrebbe avere nella sua applicazione, è stato individuato da Emmanuele Massagli, presidente Adapt (l’associazione con sede a Modena fondata da Marco Biagi nel 2000 per promuovere studi e ricerche nell’ambito delle relazioni industriali e di lavoro) a un convegno sulle riforme del settore negli ultimi tre anni che si è svolto ieri nei padiglioni di Rho Fiera Milano nell’ambito della decima edizione di Matching, il salone di Compagnia delle Opere dedicato alle collaborazioni tra imprese.

Massagli ha individuato altri passaggi critici del Jobs Act. Tra questi la norma sulla nuova disciplina delle mansioni: «Il passaggio parlamentare alla Camera ha previsto demansionamenti senza andare a toccare i salari – ha spiegato Massagli – e qui qualche criticità c’è: oggi il 42% delle cause di lavoro riguarda problemi di retribuzioni non corrisposte o non riconoscimento di mansioni. All’inizio non c’era alcun riferimento alla retribuzione».

Massagli ha poi individuato possibili problemi di competenze tra la prospettata Agenzia nazionale per l’occupazione e le Regioni ed è a questo livello che s’è inserito nel dibattito Antonio Bonardo, di GiGroup, membro per Assolavoro del board europeo delle agenzie per il lavoro (Eurociet) che ha lanciato un appello al governo perché sia favorita «un’alleanza tra Stato e agenzie lavoro per il ricollocamento lavorativo. L’appello non è peregrino perché – ha sottolineato - basta vedere che cosa è successo con l’applicazione della Garanzia giovani: solo 5 regioni su 20 (Lombardia, Lazio, Piemonte, Campania e Veneto) hanno previsto politiche di accompagnamento con le agenzie private, di fronte all’evidente incapacità dimostrata dai servizi pubblici in questi anni nel risolvere le problematiche di ricollocamento occupazionale, limitandosi spesso a giocare un ruolo pressoché burocratico e amministrativo».

Bonardo ha sottolineato invece il rilievo dato dal Jobs Act al mondo delle agenzie private con l’importanza data alla formula delle somministrazioni «che dovrebbero assorbire le esigenze soddisfatte oggi con cocopro e contratti a termine. Lo sforzo verso le ricollocazioni – ha concluso il rappresentante delle agenzie per il lavoro a livello europeo – è un fatto rivoluzionario perché sposta la centralità dalla tutela del posto a quella dello sviluppo del mercato del lavoro».

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