Rapporti di lavoro

Licenziamenti: gli oneri contributivi dopo la sentenza di reintegra

di Antonio Carlo Scacco

L'articolo 18 della legge n. 300/1970 prevede, tra le varie ipotesi, che il giudice, nel dichiarare l'illegittimità del licenziamento, ordina la reintegrazione del prestatore nel posto di lavoro, condannando contestualmente il datore al pagamento di una indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello dell'effettiva reintegra ed al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per il medesimo periodo.
A tale proposito si pone la questione se il versamento della contribuzione da parte del datore di lavoro a seguito della sentenza debba avvenire nei modi ordinari, ossia versamento della intera contribuzione (quota a carico del datore e del lavoratore) e trattenuta in busta paga della quota a carico del lavoratore.
L'articolo 2115 del codice civile e l'articolo 19 della legge 218/1952 stabiliscono che sia il datore di lavoro che il lavoratore sono tenuti alla contribuzione previdenziale ma il solo datore è responsabile del pagamento anche per la quota di pertinenza del lavoratore.
Tuttavia "Il contributo a carico del lavoratore è trattenuto dal datore di lavoro sulla retribuzione corrisposta al lavoratore stesso alla scadenza del periodo di paga cui il contributo si riferisce.".
A tali regole di carattere generale fa tuttavia eccezione l'articolo 23 della citata legge 218 il quale stabilisce che, nel caso in cui il datore non provvede al pagamento dei contributi entro il termine stabilito, è tenuto al pagamento "tanto per la quota a proprio carico quanto per quella a carico dei lavoratori".
La richiamata eccezione può essere applicata alla fattispecie del ritardato pagamento dei contributi causato da un licenziamento illegittimo, accertato come tale da una sentenza che ordina la reintegrazione del lavoratore nel suo posto di lavoro? La risposta è affermativa.
Secondo i giudici di legittimità, infatti, l'applicazione dell'art. 23 è esclusa solo quando il ritardo non sia imputabile al datore.
Nel caso di licenziamento illegittimo il datore ha commesso un illecito contrattuale (e quindi intrinsecamente non idoneo ad assurgere a causa di giustificazione), ed è pertanto esclusa la non imputabilità del ritardo al suo comportamento. In sostanza il trasferimento dell'obbligo di pagare una parte dei contributi da uno ad altro soggetto, a seguito del ritardo a lui imputabile, si configura come una pena privata (che si aggiunge alle conseguenze risarcitorie di cui all'art. 18, legge 300/1970), giustificata dall'intento del legislatore di rafforzare il vincolo obbligatorio attraverso la comminatoria, per il caso di inadempimento, di un pagamento di importo superiore all'ammontare del mero risarcimento del danno (si veda ad esempio Cass. 11 ottobre 2013 n. 23181, Cass. 17 marzo 2009, n. 6448, Cass. 4 aprile 2008, n. 8800).

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