Contrattazione

I tentativi di restyling rischiano di complicare la gestione

di Alessandro Rota Porta


Non sarà un periodo facile per gli uffici del personale e per gli operatori che si occupano delle risorse umane: l'annuncio della prossima emanazione dello schema di decreto sul riordino dei contratti di lavoro, deciso dal Jobs Act, richiederà l'ennesimo sforzo interpretativo e gestionale.
In attesa di leggere il testo che verrà approvato in Consiglio dei ministri, si può iniziare a fare qualche considerazione: dapprima, occorrerà capire se l'intervento del Governo darà vita a quel “testo organico semplificato delle discipline e delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro” oppure se si tratterà di un intervento di aggiustamento di alcuni istituti contrattuali.
Leggendo con attenzione i principi direttivi di questa specifica delega, la parola d'ordine dovrebbe essere “semplificazione” e “coerenza con il contesto produttivo”. In questo senso, stridono le anticipazioni su un eventuale revisione dei contratti a termine e del lavoro a chiamata.
La prima fattispecie è già stata oggetto di diversi tira e molla, avvenuti sul testo del Dlgs 368/2001 negli ultimi anni: la materia sembrava aver raggiunto un buon punto d'arrivo con il decreto Poletti del 2014 e andare a restringere la durata massima del rapporto, così come ridurre il numero delle possibili proroghe rischierebbe di creare più danni che profitti. I continui cambi di rotta fanno perdere fiducia ad un mercato del lavoro già fragile, disorientando gli operatori; inoltre, regole del gioco sempre diverse creano – al dì là delle valutazioni di merito – complicazioni gestionali notevoli. Nello spazio di neanche dodici mesi si darebbe così vita a quattro differenti regimi temporali, ciascuno con caratteristiche diverse, che impegneranno le aziende a catalogare in quale ambito applicativo ricade quello specifico rapporto a termine.
Anche sul job on call si possono fare valutazioni analoghe: già la riforma Fornero aveva ristretto le maglie di utilizzo, ormai tracciato attraverso la comunicazione preventiva. Sul punto, si ricorda che – solo per questo adempimento – tra luglio e novembre del 2012 il Lavoro era intervenuto con svariate disposizioni di prassi.
Il percorso di restringimento del contratto intermittente non sembra neppure trovare una compensazione nella revisione del lavoro tramite voucher: il testo del Jobs Act presenta, infatti, il rischio di un ritorno al passato, qualora si dovesse riagganciarne il ricorso alle condizioni di “discontinuità” ed “occasionalità”. Si finirebbe, in sostanza, per ricollocare l'istituto in una zona d'ombra, dalla quale era riuscito faticosamente ad emergere, dopo diverse modifiche legislative.
In merito ai contratti parasubordinati, in attesa di conoscere le sorti delle collaborazioni a progetto, pare eccessivamente forte l'abolizione tout-court del contratto di associazione in partecipazione: la legge 92/2012 era già intervenuta su questa fattispecie con l'obiettivo di eliminarne gli abusi; cancellarlo completamente significherebbe precluderne il ricorso anche da parte di chi lo sta utilizzando in modo lecito.
Insomma, dopo i numerosi interventi legislativi sui contratti di lavoro avvenuti negli ultimi anni, l'auspicio è quello di trovare finalmente un assetto normativo stabile, soprattutto caratterizzato da una visione organica e di lungo periodo.

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