Previdenza

Il cumulo è vietato fino alla vecchiaia

di Antonello Orlando

La pensione con quota 100 è legge da l 27 marzo. Poiché non prevede alcun ricalcolo dell’assegno, questa forma di pensionamento rappresenta un anticipo del tutto conveniente per gli assicurati. L’unico elemento negativo consiste nel divieto di cumulo con altri redditi. Dal 2009, l’articolo 19 del Dl 112/2008 aveva abrogato le precedenti versioni dell’incumulabilità dei redditi da pensione, che, a oggi, permane per pochi trattamenti: in modo parziale per quella ai superstiti e per l’assegno ordinario di invalidità, e per una breve finestra temporale per la pensione anticipata dei lavoratori precoci.

L’articolo 14 del Dl 4/2019, comma 3, ha invece previsto - esclusivamente per quota 100 - una forma di incumulabilità più estensiva. Il divieto di cumulo scatta dal mese di decorrenza (una volta maturati i requisiti e dopo la finestra di differimento di 3 o 6 mesi, per privati o pubblici) fino all’età della vecchiaia, pari a 67 anni fino al 2020.

I redditi sotto tiro

L’incumulabilità reddituale è legata a due tipologie di reddito: redditi di lavoro dipendente e redditi di lavoro autonomo. Pertanto, i quotisti 100 non hanno un divieto di lavorare durante il pensionamento, ma di percezione contemporanea di redditi afferenti a queste due categorie reddituali. Evidentemente nella categoria del lavoro dipendente rientreranno le fattispecie “assimilate” dell’articolo 50 del Tuir (amministratori di società, co.co.co. e altri). Allo stesso modo, il divieto si attiva anche verso i redditi di lavoro autonomo percepiti dai liberi professionisti.

La norma ha previsto una soglia di tolleranza che, per ogni anno di percezione della pensione in quota 100, consente un cumulo fino a 5mila euro lordi per attività di lavoro autonomo occasionale. Si tratta di quelle attività che rientrano civilisticamente nel lavoro autonomo, ma redditualmente appartengono ai redditi diversi (articolo 67 comma 1, lettera l, del Tuir). Chi è dotato di una partita Iva non potrà evitare il divieto di cumulo limitandosi a fatturare un massimo di 5mila euro lordi annui, in quanto l’incumulabilità verso i redditi di lavoro autonomo è integrale, mentre chi svolge lavoro autonomo occasionale (privo di partita Iva) avrà il cumulo parziale.

Con la circolare n. 11/2019 l’Inps ha fornito le prime indicazioni. La trasgressione del divieto di cumulo comporta la perdita non del diritto alla pensione, ma solo di quello alle rate di pensione corrispondenti all’anno d’imposta in cui si verifica la percezione del reddito incumulabile, con eventuale restituzione di quelle già percepite. Se un pensionato con quota 100 nel 2019, percepisse dunque 10 euro di lavoro autonomo nel 2020, restituirebbe le rate del 2020 e da gennaio 2021 riprenderebbe la percezione della pensione.

La circolare ha specificato che il divieto di cumulo reddituale è attivo verso i redditi percepiti all’estero, senza limitarsi alla Ue e agli altri Stati convenzionati, ma generalizzando a qualsiasi territorio esterno all’Italia. L’Inps ha inoltre riferito il divieto di cumulo «ai redditi derivanti da qualsiasi attività lavorativa svolta».

I problemi interpretativi

Questo pone alcuni problemi interpretativi, per cui si attendono ulteriori chiarimenti anche grazie all’intervento sul tema dell’amministrazione finanziaria. Si prenda il caso di un socio-lavoratore di una Srl di attività commerciale. Questi percepirà redditi d’impresa e non di lavoro dipendente, dunque dovrebbe essere «salvo» dal divieto di cumulo. Eppure, la sua quota di partecipazione agli utili avrà, in virtù del suo apporto lavorativo, un legame con l’attività svolta presso l’azienda. Secondo la circolare Inps, in attesa di chiarimenti, rischierà di perdere le rate di pensione in ogni anno d’imposta in cui riceverà i suoi utili fino al compimento dell’età di pensione di vecchiaia.

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