Rapporti di lavoro

Violazioni contrattuali e limitazione della riduzione dei benefici contributivi

di Silvano Imbriaci

L'articolo 6 del Dl 9 ottobre 1989, n. 338 (convertito con modificazioni in legge 7 dicembre 1989, n. 389), contenente disposizioni urgenti in materia di evasione contributiva, di fiscalizzazione degli oneri sociali, di sgravi contributivi nel Mezzogiorno e di finanziamento dei patronati, prevede una riduzione per un periodo di tempo limitato della contribuzione previdenziale in presenza di alcuni requisiti espressamente indicati dalla legge.

Tra questi, il comma 9 della stessa norma esclude le riduzioni per i lavoratori che non siano stati denunciati agli istituti previdenziali o denunciati con orario di lavoro o retribuzione inferiore a quella stabilita dalla contrattazione collettiva o comunque retribuiti per tali inferiori importi (rispetto al minimo contrattuale). Il successivo comma 10 (come modificato dall'articolo 4 del Dl n. 71/1993) precisa che tale esclusione opera per una durata pari ai periodi di inosservanza anche di una delle condizioni previste dallo stesso comma (aumentati del 50%); inoltre, nel caso di orari o retribuzioni inferiori a quelle minimali, la perdita dovuta alla riduzione non può superare il maggiore importo tra contribuzione omessa e retribuzione corrisposta.

Proprio il comma 10 è al centro di un'istanza di interpello promossa dall'Associazione nazionale dei consulenti del lavoro, in merito alla perdurante vigenza di tale disposizione. In particolare, posto che la norma consente di ridurre gli effetti sanzionatori della perdita del beneficio contributivo (proporzionata all'inadempimento commesso e contenuta entro i limiti della maggior somma come sopra individuata), l'effetto è quello di un'applicazione differenziata del recupero contributivo in relazione alla gravità della violazione. Infatti l'articolo 1, comma 1175, della legge n. 296/2006 stabilisce che «a decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale». È dunque necessario il possesso del Durc, essendo altrimenti precluso l'accesso ai benefici per l'intero periodo di riferimento. Altra cosa sono invece le conseguenze derivanti dall'accertamento delle violazioni riferite agli altri obblighi di legge e dal mancato rispetto della contrattazione collettiva: queste hanno infatti rilievo in ordine al singolo rapporto di lavoro e non comportano una revoca totale del beneficio contributivo.

Sul punto, nell'istanza si richiama il contenuto della circolare dell'Inl n. 3/2017 in materia di Durc e godimento dei benefici contributivi, in rapporto alle violazioni che riguardano singoli o più lavoratori. In particolare, in tale intervento interpretativo, l'Inl aveva rilevato, proprio in relazione all'articolo 6 del Dl n. 338/1989 che mentre l'assenza del Durc incide sull'intera azienda, e quindi sul godimento complessivo dei benefici per tutto il periodo della scopertura, le violazioni di legge e di contratto che non abbiano riflessi sulla posizione contributiva assumono rilevanza limitatamente al lavoratore cui gli stessi benefici si riferiscono ed esclusivamente per il periodo di durata della violazione. L'Inl aveva trovato conferma di questo doppio binario proprio nella disciplina dettata dall'articolo 6 citato, come confermato poi dal Dl n. 71/1993, riconoscendo comunque il fatto che una revoca totale dei benefici anche a seguito di violazioni contrattuali parziali, magari di lieve entità, e comunque riferiti a singole posizioni, si sarebbe posta in contrasto con lo spirito della normativa, posto che per disposizione normativa impediscono il rilascio del Durc solo alcune violazioni particolarmente gravi (cfr. Dm 30 gennaio 2015).

Per sciogliere questo nodo interpretativo, a fronte di due norme apparentemente in contrasto, il Ministero, con la risposta ad interpello dell'8 maggio 2019, n. 4, conferma prima di tutto la valenza e applicabilità del principio della limitazione delle violazioni di legge limitatamente al lavoratore cui si riferiscono e per la durata del periodo in cui si sia protratta la violazione. Tuttavia, nell'ambito della lettura fornita dalla circolare Inl del 2017, il richiamo all'articolo 6 è stato effettuato solo in modo indicativo e solo per dare rilevanza, ai fini della revoca dei benefici fruiti, alle violazioni di legge o contrattuali riscontrate nei confronti dei lavoratori per i quali i benefici siano stati riconosciuti. Dunque, pur non essendo in discussione la necessità della stretta correlazione tra godimento dei benefici contributivi e regolarità del singolo rapporto di lavoro, la disciplina di cui all'articolo 6, comma 10, risulta in effetti limitata ad uno specifico ambito di applicazione, sia territoriale, sia temporale e dunque non può fondare da un punto di vista normativo una possibile operatività di quelle previsioni.

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