Il car pooling esterno non configura reddito per il dipendente
Il servizio aziendale di car pooling reso attraverso una piattaforma terza non genera reddito di lavoro in capo ai dipendenti che ne usufruiscono; i costi sostenuti per offrire tale servizio sono deducibili per la società committente nei limiti del 5 per mille; i passaggi di denaro tra il driver ed i riders a titolo di rimborso spese di viaggio non sono tassati ai fini dell'Iva.
Queste sono le principali precisazioni sul piano fiscale che l'agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello 461 del 31 ottobre , ha fornito ai contribuenti in riferimento alla nuova tipologia di trasporto in rapida diffusione negli ultimi anni.
Il car pooling è un sistema di trasporto non professionale basato sull'uso condiviso di veicoli tra più persone che devono percorrere un itinerario comune, dividendo le spese di viaggio ma senza che sia previsto alcun tipo di corrispettivo per la prestazione di trasporto.
Nel caso oggetto dell'interpello è lo stesso datore di lavoro (società committente) a mettere a disposizione della generalità dei propri dipendenti, attraverso una piattaforma informatica gestita da un terzo, il servizio in questione con l'obiettivo di ridurre i costi sociali e individuali di trasporto.
In primo luogo, le Entrate sottolineano che le utilità in natura percepite dai dipendenti della società cliente dal servizio di car pooling aziendale non costituiscono reddito imponibile del lavoratore. La messa a disposizione della piattaforma informatica, il cui utilizzo è lasciato alla volontà dei dipendenti, rientra nell'«utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente» (articolo 51, comma 2, lettera f del Tuir) e pertanto rientra nelle ipotesi di irrilevanza reddituale relative al lavoro dipendente.
Sulla possibilità della società committente di dedurre dal reddito d'impresa i costi sostenuti per il car pooling, l'amministrazione ne consente la deduzione, sebbene nei limiti di cui all'articolo 100, comma 1, Tuir, ovvero per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille delle spese sostenute per le prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi della società committente.
Quanto alle transazioni rider/driver, ovvero alle somme corrisposte dal primo al secondo a titolo di condivisione parziale delle spese di viaggio e perciò addebitate al rider tramite la piattaforma, l'amministrazione ha ritenuto che esse non rilevino come reddito di lavoro dipendente. Ai fini Iva, le spese del viaggio – calcolate in funzione delle tariffe Aci e in base al numero di passeggeri – corrisposte dal rider sono da considerarsi fuori campo, in quanto mere movimentazioni di denaro non percepite dal driver nell'esercizio di un'attività economica rilevante.
Diverso è il trattamento fiscale delle fee che la piattaforma trattiene dai rimborsi spese, dovute sia dai rider che dai driver. Essendo esse il corrispettivo di una prestazione, sono assoggettate a Iva al 22 per cento. Per la fee è necessaria la fattura.
L'ultimo chiarimento è in relazione al trattamento, quanto al reddito di lavoro dei dipendenti, dei buoni carburante erogati ai lavoratori nell'ambito del car pooling. Se il loro valore supera i 258,23 euro, per ciascun dipendente, nel periodo d'imposta costituiranno reddito in capo al percettore. I costi relativi a tali buoni sostenuti dalla società committente saranno, infine, deducibili in base all’articolo 100, comma 1, del Tuir ai fini delle imposte dirette.