Rapporti di lavoro

Per il Fisco le collaborazioni coordinate sono «dipendenti»

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di Stefano Sirocchi

In attuazione della legge delega del Jobs act, il Dlgs 81/2015 ha eliminato il progetto dalle collaborazioni, lasciando sopravvivere le prestazioni di lavoro non etero organizzate, ossia esclusivamente quelle svolte personalmente, in modo continuativo e senza essere organizzate dal datore di lavoro. Più precisamente, l’articolo 52 del Dlgs 81/2015 ha abrogato le collaborazioni a progetto introdotte nel 2003 con la legge Biagi (facendo salve quelle instaurate prima del 25 giugno scorso, fino a scadenza) ma ha lasciato in vita quelle definite come coordinate e continuative dall’articolo 409 del codice di procedura civile.

Non c’è dubbio che con le nuove collaborazioni (cioè quelle coordinate e continuative senza progetto) l’accento torni più chiaramente sul potere sostanziale - da parte del lavoratore - di determinare luogo e tempo della prestazione e non sul contenuto di un documento inevitabilmente impreciso, in quanto basato su una previsione. L’assenza di subordinazione torna a essere l’indiscusso perno delle collaborazioni.

Ma a questo rafforzato requisito dell’autonomia dal punto di vista lavorativo non c’è corrispondenza sul piano fiscale. Infatti, tenuto conto della natura continuativa del rapporto e in ottica di semplificazione degli adempimenti per il lavoratore, i redditi derivanti dalle collaborazioni continuano a rientrare tra quelli assimilati ai redditi di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lettera c-bis del Tuir (legge 917/1986). Questo comporta il vantaggio per il percipiente di avere una normale busta paga, delle trattenute fiscali e previdenziali operate dal sostituto d’imposta e, nella maggioranza dei casi, nessuna necessità di presentare la dichiarazione dei redditi (a meno che il lavoratore abbia cambiato il sostituto d’imposta nel corso dell’anno solare, abbia percepito altri redditi eccetera).

Regole fiscali diverse sono invece previste per le altre collaborazioni di lavoro autonomo, quelle cioè svolte in modo non continuativo o comunque senza uno specifico coordinamento col committente. Questi redditi ricadono nell’ambito di quelli diversi indicati dall’articolo 67 del Tuir o, con riferimento alle arti e professioni, di lavoro autonomo in base all’articolo 53 del Tuir, a seconda dell’occasionalità o abitualità con cui viene svolta l’attività lavorativa (si veda il confronto accanto).

Un’ultima considerazione riguarda l’ambito di applicazione delle collaborazioni occasionali. La legge Biagi, al comma 2 dell’articolo 61, esentava dall’obbligo di redazione del progetto le mini collaborazioni, ossia quelle di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare o comunque con compenso totale non superiore a 5.000 euro nel medesimo periodo. Ebbene, poiché tale previsione è stata superata dall’articolo 52 del Dlgs 81/2015, ne consegue che le attuali collaborazioni coordinate saltuarie non hanno un tetto massimo prefissato di durata né di valore e che la citata soglia dei 5.000 euro rimane il solo limite per le collaborazioni di lavoro autonomo occasionale (quindi senza coordinamento) ai fini degli obblighi previdenziali per l’iscrizione alla gestione separata Inps e per il versamento del relativo contributo, come previsto dal comma 2, articolo 44, del Dl 269/2003. Ai fini delle imposte sui redditi, invece, il discernimento tra attività occasionale o abituale dovrà avvenire secondo criteri di ragionevolezza.

Il confronto

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