Rapporti di lavoro

Interferenze tra diffida accertativa e procedure di conciliazione

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di Antonella Iacopini


L'Ispettorato nazionale del lavoro, con la lettera circolare numero 5066 del 30 maggio 2019, affronta le possibili problematiche relative a procedure di conciliazione svolte presso l'Ispettorato territoriale del lavoro ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura civile, in sede sindacale ai sensi dell'articolo 411 del codice di procedura civile o nelle forme della risoluzione arbitrale ai sensi dell'articolo 412 del codice di procedura civile, intervenute nelle more del procedimento di emanazione e convalida della diffida accertativa per crediti patrimoniali, di cui all'articolo 12 del Dlgs 124/2004.

In sintesi, l'Inl chiarisce come non sia possibile dare rilievo ad accordi conciliativi intervenuti in forme diverse da quelle prescritte dall'articolo 12, sia nel caso in cui intervengano prima della validazione della diffida accertativa, sia in fase successiva.

Per addivenire a tale soluzione, l'Ispettorato muove proprio dall'articolo 12, il quale stabilisce un'apposita procedura di conciliazione che il datore di lavoro può promuovere presso le sedi territoriali dell'Ispettorato. Infatti, il datore di lavoro, entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento, ha la possibilità di promuovere il tentativo di conciliazione presso l'Ispettorato territoriale del lavoro che ha emesso l'atto e, qualora si raggiunga un accordo, risultante da verbale sottoscritto dalle parti, il provvedimento di diffida perde efficacia senza che per il verbale medesimo trovino applicazione le disposizioni relative alle rinunzie e transazioni, di cui all'articolo 2113 commi primo, secondo e terzo del codice civile.

Decorso inutilmente il predetto termine di trenta giorni o in caso di mancato raggiungimento dell'accordo, attestato da apposito verbale, il provvedimento di diffida accertativa acquista, con provvedimento del direttore dell'Ispettorato territoriale del lavoro, valore di accertamento tecnico, con efficacia di titolo esecutivo.

A questo punto, l'unica possibilità per il datore di lavoro è il ricorso davanti al Comitato regionale per i rapporti di lavoro di cui all'articolo 17, in forma integrata. Peraltro, è necessario tener presente che ci troviamo nell'ambito di un accertamento ispettivo e, pertanto, la conciliazione ai sensi dell'articolo 12 non produce alcuna efficacia estintiva del procedimento ispettivo in corso e l'eventuale credito patrimoniale concordato in sede di conciliazione non può modificare l'importo della contribuzione previdenziale dovuta. La conciliazione sulle retribuzioni, infatti, non può avere riflessi sull'imponibile contributivo che dovrà essere comunque calcolato, secondo quanto accertato dall'organo ispettivo, ai sensi dell'articolo 1 del Dl 338/1989, come previsto dalla citata circolare 24 e ricordato dalla circolare 36/2009.

Nella nota in commento viene esplicitato che non appare possibile dare rilievo ad accordi conciliativi intervenuti in forme diverse da quelle prescritte dall'articolo 12, sia nel caso in cui intervengano prima della validazione della diffida accertativa sia in fase successiva. Ne consegue che, una volta adottata e validata la diffida accertativa, eventuali motivi di doglianza da parte del datore di lavoro in ordine a conciliazioni intervenute presso altre sedi potranno essere fatte valere giudizialmente esclusivamente nella fase dell'opposizione all'esecuzione.

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