Whistleblowers più protetti con le nuove norme Ue
Il 7 ottobre il Consiglio europeo ha formalmente adottato la direttiva UE sulla protezione degli informatori (whistleblowers), ossia di coloro che nel territorio della Unione riferiscono comportamenti scorretti di cui sono venuti a conoscenza sul posto di lavoro, per usare le parole del primo vicepresidente della Commissione Frans Timmermans «persone coraggiose che osano portare alla luce attività illegali e si alzano in piedi per proteggere il pubblico da comportamenti scorretti».
Alcuni scandali recenti (per esempio i Panama papers o Cambridge analytica) hanno evidenziato l'insostituibile ruolo di tali persone, spesso le prime a percepire i potenziali pregiudizi per il pubblico interesse derivanti da comportamenti illegali e, conseguentemente, la necessità di assicurare loro una protezione adeguata (da eventuali molestie sul luogo di lavoro, trasferimenti, misure disciplinari ingiustificate, minaccia di licenziamento).
Dopo la pubblicazione della direttiva nella Gazzetta ufficiale dell'Unione, attesa a breve, gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepire le norme nel diritto nazionale. La nuova disciplina interessa le aziende private con almeno 50 dipendenti o 10 milioni di fatturato e tutte quelle che operano in settori ad alto rischio (servizi finanziari oppure settori particolarmente vulnerabili al riciclaggio di denaro o al finanziamento del terrorismo).
Potenzialmente interessato sarà anche il settore pubblico.
I soggetti destinatari delle nuove norme saranno tenuti a creare dei canali o delle procedure interne attraverso le quali veicolare le segnalazioni degli informatori in modo tale da garantire la massima riservatezza circa l'identità del segnalante.
Da notare che in base alle nuove regole la protezione potrà essere estesa a un gran numero di profili in aggiunta ai dipendenti veri e propri, ad esempio i consulenti, i fornitori, i volontari e tirocinanti, gli stessi azionisti ecc.
La protezione sarà estesa anche ai membri della famiglia e ai colleghi degli informatori. Tra le misure si prevede una tutela giuridica per evitare ritorsioni già in essere (ad esempio molestie sul luogo di lavoro o licenziamento), l'inversione dell'onere della prova, tale che l'informatore non debba dimostrare che la sua denuncia costituisce una misura di ritorsione, il divieto di considerare la segnalazione violazione di eventuali divieti di divulgazione previsti da contratti o norme di legge.
Le autorità pubbliche e le imprese a loro volta saranno tenute a rispondere e dare seguito alle segnalazioni degli informatori (ad esempio comunicando la chiusura del procedimento per mancanza di prove ovvero l'inizio di una indagine) entro 3 mesi (6 mesi per i canali esterni), a pena della possibilità, per l'informatore, di rendere pubbliche le informazioni (utilizzando internet, i social media, i media o inviandole ai dirigenti, ad organizzazioni della società civile eccetera).
Roma, palcoscenico ideale per riflettere su lavoro e costituzione
di Filippo Maria Giorgi