Requisiti di accesso alla Naspi, il riepilogo
Secondo quanto previsto dal comma 1, articolo 3 del Dlgs n. 22/2015, per poter beneficiare dell'indennità Naspi i lavoratori rientranti nel campo di applicazione dell'indennità di disoccupazione devono soddisfare le seguenti condizioni:
1) il lavoratore deve aver perso involontariamente la propria occupazione;
2) il lavoratore deve trovarsi in stato di disoccupazione ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lett. c del Dlgs 181/2000;
3) il lavoratore deve poter far valere almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione;
4) il lavoratore deve poter far valere almeno 30 giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei 12 mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione.
Requisito: disoccupazione involontaria
Così come l'Aspi, anche la Naspi è riconosciuta ai lavoratori che hanno perso involontariamente la propria occupazione, ma spetta anche a coloro che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa e nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell'ambito della procedura di cui all'art. 7 della Legge n. 604/1966 (co. 2, art. 3, Dlgs n. 22/2015).
Vista l'analogia con la previgente disciplina appare corretto ritenere che anche la prassi connessa alla previgente prestazione possa risultare applicabile.
Si ricorda pertanto come l'Inps, con la circolare n. 142/2012, abbia precisato che:
- le dimissioni continuano a dare diritto all'indennità se avvenute durante il periodo tutelato di maternità (da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del figlio) ovvero per giusta causa (si veda circolare Inps n. 163/2003);
Nota bene: la Legge n. 92/2012 ha modificato il comma 4, articolo 55, del Dlgs n. 151/2001, elevando a 3 anni il limite di età del bambino ai fini dell'obbligo di convalida, da parte del servizio ispettivo del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali competente per territorio, della risoluzione consensuale e della richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice madre o dal lavoratore padre.
Tale modifica non ha riflessi sul diritto all'indennità di disoccupazione erogata a seguito di dimissioni volontarie.
L'indennità continua a poter essere fruita solo nel caso in cui le dimissioni vengano presentate nel periodo in cui vige il divieto di licenziamento e cioè fino al compimento del primo anno di età del bambino (Min. Lav., interpello 6/2013).
- la risoluzione consensuale non è ostativa al riconoscimento della prestazione qualora sia intervenuta per trasferimento del dipendente ad altra sede della stessa azienda distante più di 50 km dalla residenza del lavoratore e\o mediamente raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi pubblici (si veda circolare Inps n. 108/2006) ovvero nell'ambito della procedura di conciliazione da tenersi presso la Direzione Territoriale del Lavoro secondo le modalità previste all'articolo 7 della Legge 604/1966, come sostituito dal comma 40, articolo 1, della Legge 92/2012.
Requisito: stato di disoccupazione
Lo stato di disoccupazione deve essere comprovato dalla presentazione dell'interessato presso il Servizio competente; lo stesso è chiamato a rendere una dichiarazione che attesti l'eventuale attività lavorativa precedentemente svolta, nonché l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa.
La dichiarazione di immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa può essere resa ai Centri per l'Impiego ovvero all'Inps (comma 38, articolo 4, Legge 92/2012).
In materia di stato di disoccupazione l'Inps ha fornito recenti chiarimenti con la circolare n. 94/2015 dove è stato ribadito come il trattamento di Naspi non sia riconoscibile in caso di dimissioni o di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, ad eccezione delle ipotesi in cui le dimissioni siano state rassegnate per giusta causa, ovvero nel corso del periodo in cui permane il divieto di licenziamento per maternità (da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del bambino).
Nella circolare citata, al fine di delineare in modo univoco la materia, l'Inps ha chiarito che si intendono per giusta causa, le dimissioni generate da:
- mancato pagamento della retribuzione,
- molestie sessuali nei luoghi di lavoro,
- demansionamenti,
- mobbing,
- conseguenze legate a trasferimenti di azienda,
- trasferimenti di sede non genuini,
- comportamento ingiurioso del superiore gerarchico nei confronti del dipendente.
L'Istituto precisa infine che, nel caso di risoluzione consensuale attuata in aziende che occupano più di 15 dipendenti ed eseguita nell'ambito di una procedura di conciliazione con deposito di Dtl, i lavoratori conservano il diritto all'accesso all'ammortizzatore sociale.
Si ricorda infine come il trattamento di Naspi presupponga ovviamente il permanere nello stato di disoccupazione e la sua erogazione è condizionata:
- alla regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa ed ai percorsi di riqualificazione professionale;
- al rispetto delle misure che saranno introdotte, per avviare la ricerca attiva di un'occupazione.
Le condizioni e le modalità per l'attuazione della presente disposizione nonché le misure conseguenti all'inottemperanza agli obblighi di partecipazione alle azioni di politica attiva di cui al co.1, articolo 7 saranno determinate con apposito decreto ministeriale da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del Dlgs n. 22/2015 (comma 3, articolo 7, Dlgs n. 22/2015).