Agevolazioni

Gli studi professionali possono usufruire dell’agevolazione per l’assunzione di giovani genitori

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di Cristian Valsiglio

Secondo la risposta del ministero del Lavoro, fornita all'Ordine dei consulenti del lavoro, e inserita nella nota 16 maggio 2016, n. 16, la nozione di imprenditore/datore di lavoro deve essere intesa in senso ampio, ovvero connessa a «qualunque soggetto che svolge attività economica e che sia attivo in un determinato mercato», a prescindere dalla forma giuridica assunta, ricomprendendo conseguentemente anche gli studi professionali tra i possibili beneficiari dell'incentivo giovani genitori (cfr. sent. Corte di Giustizia del 16 ottobre 2003 - causa C/32/02; Direttiva Ue 98/59/CE; risposte ad interpello ML nn. 10 e 33/2011).
Come si ricorderà, il beneficio citato consiste in un incentivo alle imprese private e alle società cooperative che assumano giovani genitori con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche part-time, del valore massimo di 5mila euro per ogni assunzione e fino al limite di cinque per singola impresa o società cooperativa.
Sotto l'aspetto soggettivo rientrano nel beneficio i lavoratori di età non superiore a 35 anni, genitori di figli minori legittimi, naturali o adottivi, ovvero affidatari di minori, rispetto ai quali risulti in corso o cessato un rapporto di lavoro a tempo determinato, in somministrazione, intermittente, ripartito, di inserimento, accessorio ovvero una collaborazione a progetto, nonché coordinata e continuativa; ciò al fine di assicurare una occupazione stabile ai suddetti soggetti, indipendentemente dal settore economico/produttivo d'impiego.
Possono sfruttare l'agevolazione le imprese private, definizione quest'ultima europea orientata volta a superare lo stretto perimetro che la qualifica di imprenditore riveste nel nostro ordinamento.
Il ministero del Lavoro, pertanto, anche citando il Consiglio di Stato (ordinanza dell'11 marzo 2015, n. 01108/2015 ) riconosce come la definizione di “imprenditore” di derivazione comunitaria differisca da quella desumibile dal codice civile, evidenziando, con riferimento a quest'ultima, «i profili relativi alla eventuale discriminazione operata nei confronti della categoria dei liberi professionisti e del personale che lavora presso di loro».
Il Dicastero dunque conclude il parere ammettendo al beneficio anche gli studi professionali.

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