Salvagente per gli studi tra cassa in deroga e Fis
Le ripercussioni del Covid hanno impattato fortemente anche sull’attività degli studi professionali, costringendo molte realtà a ricorrere agli ammortizzatori sociali in favore dei propri dipendenti interessati da sospensioni o riduzioni dell’orario di lavoro.
A sostenere queste situazioni è intervenuto, in prima battuta, il decreto legge 18/2020 (Cura Italia) attraverso la concessione di 9 settimane di cassa integrazione, a cui si possono aggiungere – grazie alle modifiche apportate dal decreto Rilancio (Dl 34) – ulteriori 5 settimane da utilizzare entro il 31 agosto 2020. Inoltre, salvo altri rifinanziamenti degli ammortizzatori che dovessero essere adottati in sede di conversione in legge di quest’ultimo provvedimento, tra il prossimo 1° settembre e il 31 ottobre 2020, gli studi avranno ancora 4 settimane di ammortizzatori a disposizione.
Le misure a disposizione
In genere, i datori appartenenti al settore degli studi professionali possono attivare - a seconda dei limiti dimensionali - due degli strumenti “speciali” legati all’emergenza, messi appunto in campo dall’articolo 19 del decreto legge 18/2020 (modificato dal Dl 34/2020).
In primo luogo, l’assegno ordinario destinato ai datori con più di cinque dipendenti che non rientrano nell’ambito di applicazione di Cigo e Cigs e che operano in ambiti in cui non sono stati costituiti fondi di solidarietà bilaterali. Nel caso del comparto studi, il fondo di solidarietà è stato istituito a fine 2019 ma non è ancora operativo, poiché deve essere costituito il comitato amministratori (si veda anche l’articolo a fianco). Quindi, per espressa previsione della circolare Inps 47/2020, in assenza del comitato amministratore, tali prestazioni non possono essere erogate in quanto manca l’organo deputato a deliberare in ordine alla concessione degli interventi e dei trattamenti.
Di conseguenza, gli studi che occupano più di 5 dipendenti possono accedere all’assegno ordinario con la causale “Covid-19 nazionale” garantito dal Fondo di integrazione salariale (Fis) istituito presso l’Inps; mentre i datori di lavoro che occupano meno di 5 dipendenti accedono alla cassa integrazione in deroga.
Come richiederle
Siccome le procedure di attivazione sono differenti, proviamo ad ipotizzare qualche esempio. Per i datori che rientrano nel perimetro del Fis, sia le prime 9 settimane (se non sono ancora state utilizzate) sia le successive vanno richieste attraverso la procedura telematica Inps direttamente dal datore o da un intermediario abilitato. Al momento, resta però fermo l’obbligo di esperire la procedura sindacale: questa - sebbene si possa effettuare in termini più snelli rispetto alle regole canoniche - prevede l’obbligo di informazione, consultazione ed esame congiunto che devono essere svolti anche in via telematica entro i 3 giorni successivi a quello della comunicazione preventiva.
Invece, per i datori fino a cinque dipendenti che ricadono nell’alveo della cassa integrazione in deroga, il canale a cui indirizzare la domanda è diverso: l’istanza riferita alle prime 9 settimane (se non già richieste) va inoltrata alla regione di competenza, attraverso la piattaforma telematica messa a disposizione. Diverso è l’iter per accedere alle ulteriori settimane di cassa in deroga previste dal Dl 34: infatti, in questo caso la domanda si indirizza direttamente all’Inps. Per questa tipologia di ammortizzatore e con riferimento alla soglia dimensionale trattata, non vige l’onere di esperire la procedura sindacale.
Merita, infine, ricordare come – con specifico riferimento ai datori di lavoro che applicano il contratto collettivo nazionale degli studi professionali – l’Ente bilaterale del settore (Ebipro) abbia messo in campo due specifiche misure a favore dei lavoratori coinvolti dagli ammortizzatori. Nel primo caso, si tratta di un contributo integrativo una tantum di 250 euro per ogni lavoratore al quale sia stato sospeso o ridotto l’orario di lavoro e per il quale la richiesta di accesso alle integrazioni salariali sia stata autorizzata. Il secondo intervento consiste in un contributo straordinario di entità variabile, nell’ipotesi in cui l’ammortizzatore attivato non sia stato concesso per mancanza di fondi.
In entrambi i casi, il datore dovrà rivolgersi direttamente ad Ebipro per ottenere le prestazioni in favore dei dipendenti interessati.