Contrattazione

Riaperture, stagionali in cerca di rilancio

Con le riaperture di molte attività dal 1° giugno, dopo le restrizioni imposte dalla pandemia, potrebbero riprendere quota le assunzioni con contratti a termine di tipo stagionale: sono stati 142mila i posti persi nel 2020

a cura di Ornella Lacqua, Valentina Melis e Alessandro Rota Porta

È affidata alla riapertura di molte attività dal 1° giugno, dopo le restrizioni e le chiusure imposte dalla pandemia, la ripresa delle attivazioni dei contratti di lavoro stagionale. Una formula contrattuale che riguarda vari settori: da quelli più coinvolti, come l’agricoltura e il turismo, per arrivare alla ristorazione e all’alimentare.

Come rivelano i dati Inps, nel 2020 il saldo su base annua tra i flussi di assunzioni e le cessazioni di rapporti stagionali è stato negativo per oltre 142mila posti di lavoro rispetto al 2019: l’impatto della pandemia si è fatto sentire soprattutto nel commercio e nei servizi di alloggio e ristorazione. E anche i primi tre mesi del 2021 registrano un calo: 66.200 i rapporti stagionali attivati, contro gli 81.532 del primo trimestre 2020 (-19%,).

Il contratto di lavoro stagionale è una declinazione del rapporto di lavoro a termine: infatti, sebbene presenti diversi tratti distintivi, rientra sempre nell’istituto del contratto a tempo determinato.

Nella pratica, il lavoro stagionale è una fattispecie che gode di parecchio appeal nel mercato del lavoro, in quanto la grande flessibilità che ne accompagna l’utilizzo è diventata una peculiarità dopo l’entrata in vigore del decreto «Dignità» del 2018.

Le deroghe

I contratti a termine stipulati per attività lavorative riconducibili alla nozione di stagionalità sono immuni dai limiti che caratterizzano il lavoro a tempo, a partire dalle regole introdotte dal Dl 87/2018, con la conseguenza che i rapporti lavorativi possono essere stipulati, rinnovati o prorogati anche in assenza delle causali previste dall’articolo 19, comma 1, del Dlgs 81/2015.

Il pacchetto delle esenzioni che la legge riserva al lavoro stagionale non si limita alla disciplina delle causali, delle proroghe e dei rinnovi. Alle attività stagionali non si applicano neanche i limiti di durata massima di rapporti a termine introdotti dalla riforma (24 mesi), il cosiddetto stop and go (ossia l’obbligo di attendere 10 o 20 giorni in caso di rinnovo del contratto), il limite quantitativo di utilizzo massimo del lavoro a termine (20% dell’organico a tempo indeterminato presente al 1° gennaio dell’anno o diversa soglia fissata dai Ccnl).

Si applica in maniera limitata anche il contributo addizionale normalmente dovuto in relazione ai rapporti di lavoro non a tempo indeterminato (non è richiesto per le casistiche previste dal Dpr 1525/1963).

Quando è lavoro stagionale

Ma come si può individuare l’accezione della stagionalità rispetto a una determinata prestazione lavorativa?

Questa ricognizione si può ottenere sulla base di due percorsi alternativi.

Tale definizione si applica, innanzitutto, se l’attività rientra tra quelle individuate dal Dpr 1525/1963, il provvedimento che – in attesa di un decreto del ministero del Lavoro che lo aggiorni – individua da decenni quali sono le attività stagionali.

La platea dei lavoratori stagionali può essere definita anche dalla contrattazione collettiva che, secondo quanto prevede l’articolo 21, comma 2, del Dlgs 81/2015, può individuare ulteriori ipotesi di lavoro stagionale attraverso intese di livello nazionale, territoriale oppure aziendale, sottoscritte da associazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Vi sono, infatti, alcuni settori i cui contratti collettivi nazionali di riferimento hanno da sempre disciplinato particolari declinazioni di questo istituto, consentendo sostanzialmente la sterilizzazione della stretta operata dal decreto «Dignità» sui rapporti a termine. Si tratta, infatti, di una “qualifica” tipica per determinati comparti, come quello del turismo, dove il fabbisogno di personale rispecchia per larga parte l’andamento ciclico delle punte di attività e il contratto a tempo determinato soddisfa le esigenze strutturali di flessibilità.

Facilitazioni sempre valide

Alla luce del quadro appena descritto, è bene osservare che le deroghe sul contratto a termine disposte dai provvedimenti correlati alla pandemia Covid-19 non hanno apportato ad alcun effetto sui contratti stagionali, poiché questi già godono delle “facilitazioni” su proroghe e rinnovi, ossia delle possibilità di attivare le prime senza alcun obbligo di causale così come, in caso di rinnovo, di procedere allo stesso senza dover osservare l’obbligo di interruzione, il cosiddetto stop&go.

Le alternative

Sempre restando in tema di “stagionalità” anche altre tipologie contrattuali possono adattarsi a coprire fabbisogni delle aziende di carattere saltuario e discontinuo: i rapporti di lavoro a tempo parziale o, meglio ancora, il contratto di lavoro a chiamata così come il lavoro occasionale costituiscono strumenti che vanno in questa direzione.

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