Importo secondo le regole di ogni ente
In attesa di definire il quadro regolamentare con l’Inps, le Casse di previdenza si sono portate avanti mettendo a punto circolari o delibere, per dare attuazione al cumulo per quanto di loro competenza. Il nodo principale, come evidenziato già subito dopo l’approvazione della legge 232/2016, è costituito dalla pensione di vecchiaia.
Per quanto riguarda quella anticipata, infatti, la norma stabilisce che si applichino i requisiti previsti dall’articolo 24, comma 10, della legge214/2011 e cioè, attualmente, 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e un anno in meno per le donne. Si tratta di un requisito valido per tutte le Casse e l’Inps. Lo si raggiunge sommando i periodi contributivi non coincidenti versati nelle varie gestioni. Per la determinazione dell’importo dell’assegno, invece, ogni gestione valorizza tutta la contribuzione versata nella stessa, anche quella riguardante i periodi coincidenti.
Nel caso della pensione di vecchiaia, si è reso necessario un chiarimento dato che i requisiti di accesso tra Casse o tra Casse e Inps possono non coincidere. Anche a seguito di una nota del ministero del Lavoro è stato deciso che se il requisito Inps è più basso di quello della Cassa coinvolta, l’istituto di previdenza nazionale inizia a pagare la sua quota al raggiungimento del suo requisito (66 anni e 7 mesi di età nel 2018) mentre la Cassa pagherà la sua quota al raggiungimento del relativo minimo anagrafico. A posizioni invertite, invece, la pensione viene pagata al raggiungimento dell’età minima Inps.
Quanto al sistema di calcolo applicato, vale il principio del pro quota per cui ogni ente applica le sue regole. Un aspetto a cui porre attenzione perché, ad esempio, l’Inps nella circolare 140/2017 ha precisato che eventuali contribuzioni presso le Casse ante 1996 non vengono tenute in considerazione dall’istituto di previdenza: ciò significa che se un professionista ha versato all’Inps successivamente al 1995 e in una o più Casse prima di tale anno, per la previdenza pubblica sarà soggetto al sistema di calcolo contributivo.
Anche le Casse prendono in considerazione solo quanto versato presso di loro. E così, scorrendo le istruzioni fornite al riguardo da più di un ente, si vede che se oltre al requisito anagrafico non si raggiunge anche un minimo di anni di contributi, si applica il sistema contributivo. Non sono disposizioni specifiche che “penalizzano” chi ricorre al cumulo, ma di solito di regole generali previste dalle Casse. Questo significa, per esempio, che un iscritto alla Cassa forense che quest’anno compie 68 anni ma non raggiunge i 33 anni di contributi avrà il pro quota calcolato, come da regolamento generale, secondo le regole della pensione di vecchiaia contributiva e non quelle della pensione di vecchiaia “retributiva”. Situazioni simili si verificano per geometri, architetti e ingegneri.
Quindi tenendo conto di queste particolarità, potrebbe accadere che un professionista che ricorre al cumulo si ritrovi con due o più quote di pensione calcolate con il sistema contributivo anche se è un contribuente di lunga data.