Rapporti di lavoro

Nella conciliazione volontaria crescono minimo e massimo

di Giampiero Falasca

La legge di conversione del decreto dignità prevede un rafforzamento del meccanismo di conciliazione volontaria in caso di licenziamento previsto dal Dlgs 23/2015, il decreto attuativo del Jobs act che ha introdotto il contratto a tutele crescenti.

Secondo la norma, chi aderirà a quel meccanismo potrà beneficiare di un incentivo fiscale applicabile a una mensilità per ogni anno di anzianità lavorativa (come già previsto dal vecchio sistema), entro un valore minimo e massimo che diventano più alti rispetto a prima: l’importo minimo passa da due a tre mensilità, e l’importo massimo passa da diciotto a ventisette mensilità.

Il cambiamento delle soglie minime e massime si rende necessario per evitare che la conciliazione volontaria risulti poco conveniente, dopo che il Dl 87/2018 ha modificato gli importi – anche qui, minimi e massimi - spettanti al lavoratore nel caso in cui egli faccia causa e ottenga un risultato positivo in giudizio (valori che sono cresciuto da quattro a sei mensilità, nel minimo, e dai 24 a 36 mensilità nel massimo).

A parte questa modifica, resta inalterata la procedura di conciliazione volontaria introdotta nel 2015, che incentiva in maniera decisa le parti a trovare un accordo in caso di licenziamento.

Sulla base di questa procedura – applicabile solo ai lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 – il datore di lavoro, entro 60 giorni dal licenziamento, può offrire al dipendente una somma di ammontare pari a una mensilità, della retribuzione di riferimento utilizzata per il calcolo del trattamento di fine rapporto, per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a tre e non superiore a ventisette mensilità (importi, come detto, incrementati dalla legge di conversione del decreto dignità). Il meccanismo è molto conveniente perché la somma pagata è esente da qualsiasi prelievo fiscale e contributivo (al contrario dell’incentivo all’esodo, che è soggetto a tassazione separata ma non a contribuzione).

L’offerta deve essere preparata mediante consegna di un assegno circolare presso una delle sedi “protette” dove si possono firmare le conciliazioni (ispettorato territoriale del lavoro, commissioni sindacali, enti di certificazione). Se il lavoratore accetta l’assegno, il rapporto di lavoro si estingue automaticamente alla data del licenziamento e l’atto vale come rinuncia all’impugnazione del provvedimento. Le parti possono anche firmare un verbale di conciliazione con il quale chiudono ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro; le somme pagate a tale titolo saranno assoggettate al regime fiscale e previdenziale ordinario.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©