Previdenza

Quando il taglio retroattivo diventa la nuova normalità

di Paolo Armaroli

Questo governo si sta specializzando nei provvedimenti retroattivi. In uno Stato autenticamente liberale dovrebbero rappresentare l’eccezione e circondati dalle massime garanzie. Invece rischiano di diventare la regola. Il taglio retroattivo dei vitalizi è stato deliberato dall’Ufficio di presidenza di Montecitorio il 12 luglio scorso. Ma è arcinoto che è stato ispirato dai più influenti ministri: da Luigi Di Maio a Matteo Salvini, da Giuseppe Conte a Riccardo Fraccaro. Anche se si tratta di una gelosa prerogativa del Parlamento e il governo non dovrebbe metterci bocca.

A differenza di Niccolò Paganini, il governo ha concesso il bis per interposte persone. I capigruppo dei Cinque Stelle e della Lega, Francesco D'Uva e Riccardo Molinari, hanno infatti presentato il 6 agosto a Montecitorio una proposta di legge volta a decurtare retroattivamente le pensioni d’oro. Da loro denominate, perché c’è un limite alla faccia tosta, “cosiddette”. Occorre uno sforzo di fantasia per considerare pensionati d’oro percettori di pensioni appena superiori a quattromila euro netti mensili. Saranno d’oro, ma è oro di Bologna, che dell’oro ha solo l’apparenza.

Come il provvedimento sui vitalizi, anche questo sulle pensioni è incartato a dovere. S’intitola “Disposizioni per favorire l’equità del sistema previdenziale attraverso il ricalcolo contributivo dei trattamenti pensionistici superiori a 4.000 euro mensili”. Come gli ex deputati, anche questi pensionati sono esposti al pubblico ludibrio. Nemici del popolo eretti a instrumentum regni. Mai come in periodi di vacche magre, che a furia di misure “creative” potrebbero dimagrire ancor di più, l’invidia sociale fa presa sui nullafacenti. Fatto sta che il testo dell’iniziativa legislativa non corrisponde affatto al titolo. Perché il ricalcolo non è contributivo. Si riducono invece le quote retributive a seconda di quando si è andati in pensione rispetto all’età ora prevista per le pensioni di vecchiaia. Si vede che a bella posta sono state cambiate le carte in tavola nel corso della stesura dell’articolato.

Novelli Robin Hood de noantri, i sullodati capigruppo intendono togliere ai “ricchi” per dare ai poveri. Con provvedimento retroattivo falcidiano le pensioni degli uni nella misura dal 10 al 20 per cento al fine di aumentare le pensioni degli altri da 450 a 780 euro mensili. Ma come la mettiamo con la Costituzione? I due capigruppo squadernano una giurisprudenza costituzionale che in qualche raro caso è stata di manica larga. Ma si trattava di misure assai più blande di quella che la maggioranza vorrebbe far ingoiare al Parlamento. E al più presto. Perché i mesi passano e le intenzioni messe nero su bianco nel famoso contratto rischiano di rimanere sulla carta. Difatti costerebbero un occhio della testa e le casse dello Stato non sono il pozzo di San Patrizio.

La verità è che il ricalcolo è opinabile e la disparità di trattamento tra pensionati è evidente. Di Maio, se non considera l’iniziativa legislativa l’ottava meraviglia del mondo, poco ci manca. Mentre Salvini adesso non ci sta. Certo, il suo capogruppo ha sottoscritto la proposta di legge. Ma lui sospetta che qualcosa è andata storta. E per nessuna ragione al mondo intende scontentare ancora una volta, dopo il decreto legge “dignità”, i propri elettori. Insomma, l’improvvisazione al potere regna sovrana. A riprova che piove sul bagnato, l’articolo 4 del provvedimento prevede poi una clausola di salvaguardia che è un rebus. Stabilisce che il ricalcolo non potrà ridurre i trattamenti pensionistici o i vitalizi al di sotto degli 80.000 euro lordi annui. Se per caso si allude ai vitalizi degli ex parlamentari, vorrà dire che il prossimo primo gennaio entreranno contemporaneamente in vigore sia la delibera camerale sopra richiamata, che riguarda i soli ex deputati, sia la presente legge. Con tanto di articolo 4. Due normative irrimediabilmente in contrasto tra loro. Un pasticciaccio brutto, non c’è che dire.

Dulcis in fundo, i due capigruppo si sostituiscono alla Consulta. Assicurano che questo provvedimento ha le carte in regola con la Costituzione. Mentre solo un contributo di solidarietà temporaneo sarebbe assolto dai giudici della Consulta. Pur avendo carattere retroattivo e incidendo su diritti quesiti, a loro modo di vedere le sue disposizioni sono tutt’altro che arbitrarie ma improntate a ragionevolezza e proporzionalità. Un’autocertificazione bella e buona. Costoro ricordano l’ex re d’Egitto Faruk. Nel dorato esilio romano ammazzava il tempo giocando a poker. Una volta dichiarò: «Poker d’assi». E a chi gliene chiedeva conto, replicò serafico: «Parola di re». Chi l’avrebbe mai detto che la premiata coppia D’Uva-Molinari s’immedesimasse nell’ex re d’Egitto a tal punto, come si conviene a sperimentati imbonitori, da dare a bere a un’opinione pubblica più che mai confusa che tutto è fatto a fin di bene e nel pieno rispetto delle regole del gioco?

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