Contenzioso

Decorrenza e sospensione della prescrizione trattati in modo unitario durante il contenzioso

di Silvano Imbriaci

La sentenza 28565/2022 della sezione Lavoro della Cassazione porta con sé alcune importanti precisazioni di carattere processuale, ma dense di risvolti pratici, in punto di rilevabilità dell'eccezione di prescrizione dell'obbligo contributivo e rapporti con il giudicato interno. La questioni affrontate sono di tale rilevanza che prescindono dalla materia previdenziale vera e propria (che comunque costituisce l'antefatto) per essere comodamente utilizzabili in tutte le vicende in cui si discuta dell'eccezione di prescrizione di un diritto.

Da un punto di vista processuale, la vicenda riguarda l'eccezione di prescrizione dell'obbligo contributivo che solitamente i professionisti “senza cassa” iscritti alla gestione separata Inps sollevano a fronte delle richieste di pagamento di contributi da parte dell'ente previdenziale, al limite del quinquennio (articolo 3, commi 9 e 10, della legge 335/1995). In questa materia, che già ha visto molteplici interventi anche recenti della Cassazione, le controversie che si soffermano sulla prescrizione di solito affrontano le due questioni più rilevanti della individuazione del termine di decorrenza e dell'applicazione di un'ipotesi di sospensione del termine, in assenza della compilazione da parte del contribuente del quadro RR della dichiarazione reddituale, nel quale sono indicati i redditi derivanti da attività libero professionale.

Dato per pacifico che la prescrizione dei contributi previdenziali decorre dal momento in cui scadono i termini per il relativo pagamento, e non già dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi, a opera del titolare della posizione assicurativa (Cassazione 27950/2018), il dibattito circa l'individuazione del dies a quo per questa forma di contribuzione si è oramai assestato sulla necessità di considerare i termini indicati dall'articolo 18, comma 4, del Dlgs 241/1997 (previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi): dunque, nel caso della contribuzione su redditi 2009 – come nella vicenda in esame – la data del 16 giugno 2010, con la proroga prevista senza maggiorazione al 6 luglio 2010 come da Dpcm 10 giugno 2010.

La sentenza impugnata aveva erroneamente indicato come termine iniziale quello del 16 giugno 2010. Tuttavia la rimessione alla sezione lavoro era stata fondata non su questa parte della sentenza, quanto sulla questione, sempre in tema di prescrizione, della applicabilità della sospensione dei termini, per effetto dell'intenzionale omissione dell'onere di indicare nel quadro RR i redditi da attività professionale. È tale questione coperta da giudicato interno e quindi intangibile?

Sul punto, la risposta della Cassazione è molto chiara e articolata. Elemento centrale della prescrizione è costituito dall'inerzia del titolare del diritto per il tempo determinato dalla legge (articolo 2934 del Codice civile). La parte che intende avvalersi della prescrizione ha, secondo la giurisprudenza della Cassazione, solamente l'onere di allegare tale elemento costitutivo e di manifestare la volontà di profittare dell'effetto estintivo. Una volta che questo elemento è allegato al processo, spetta al giudice l'individuazione del momento iniziale della prescrizione, indipendentemente dalle indicazioni delle parti. In altri termini, l'erronea individuazione del termine applicabile, in fase iniziale o finale, non costituisce motivo per rendere invalida l'eccezione.

Se quindi sono rilevabili d'ufficio le questioni relative alla durata e al decorso del termine, costituiscono eccezioni in senso lato quelle relative ai fatti interruttivi e alle cause di sospensione (Cassazione 19567/2016), purché siano circostanze comunque risultanti dal materiale probatorio acquisito. Ed è proprio nella materia previdenziale che si apprezza maggiormente questa ampia possibilità per il giudice di ricostruire il fenomeno della prescrizione, dal momento che la questione della prescrizione attiene alla tutela dei soggetti deboli, alla provvista, alla prospettiva solidaristica.

Ma rimane un problema: nel caso in cui la determinazione circa il dies a quo non sia stata oggetto di specifica impugnazione, si è formato il giudicato? La regola generale prevede che l'impugnazione di una parte della sentenza implica acquiescenza alle parti non impugnate e, sotto diverso profilo, gli effetti della riforma si estendono alle parti della sentenza dipendenti da quella cassata. Ebbene, la parte della sentenza che ha attitudine al giudicato deve essere del tutto svincolata dalla parte impugnata nel senso che deve fondarsi su presupposti di fatto e di diritto diversi e autonomi.

Ne consegue, per quanto detto prima, che il tema della prescrizione costituisce una fattispecie unitaria, che coinvolge tutti gli aspetti che riguardano individuazione del termine o suo verificarsi (la sentenza parla di unità indissolubile della statuizione). Insomma, sospensione del termine e corretta identificazione del dies a quo non costituiscono profili distinti e devono poter essere trattati in modo unitario in qualunque fase del processo, purché naturalmente sia stata impugnata la sentenza sotto il profilo della violazione della disciplina della prescrizione, anche in un suo solo aspetto.

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